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Intervista a Pierluigi Tabasso, ideatore di Rai Stereo Notte

di Michele Manzotti
  Logo della trasmissione
Data di pubblicazione su web 17/02/2010  

«La notte in cui stava per iniziare la prima trasmissione di RaiStereoNotte ero emozionato come fosse stata la mia prima trasmissione in assoluto. Era l'8 novembre 1982, pensavo in particolar modo a Supersonic, cominciato nel 1972 e riflettevo come la storia si ripetesse dopo 10 anni. Ma in questo caso la scommessa di RaiStereoNotte era una cosa molto più seria. Mi ritrovai nello studio di via Po da solo con Stefano Bonagura, c’era anche l’agitazione dei tecnici, poi quando Giovanni del Bove Orlando schiacciò il bottone con la sigla ebbi finalmente la sensazione che ce l’avremmo fatta». Pierluigi Tabasso racconta così l’inizio dell’avventura di RaiStereoNotte, una trasmissione la cui formula sarebbe durata per altri 13 anni, accompagnando le ore piccole dell’Italia che studiava e lavorava o che comunque stava sveglia di notte. L’occasione dell’intervista con Tabasso è una lezione dedicata a questa esperienza tenuta all’Università La Sapienza di Roma (corso di Storia Contemporanea tenuto dalla docente Marilisa Merolla) insieme ad altri protagonisti della trasmissione. Tabasso ne fu l’ideatore e colui che scelse la squadra di persone che avrebbe segnato un’epoca della radio italiana.

 


Marilisa Merolla, Fabrizio Stramacci, Pierluigi Tabasso,
Ernesto de Pascale
 

Quali dovevano essere le caratteristiche dei conduttori di RaiStereoNotte?

 

La trasmissione dipendeva dalla direzione dei programmi per l’estero, che non era in grado di gestire la musica dal vivo. Quindi scelsi persone che provenivano dal giornalismo, da alcune radio di tendenza come Radio Blu e Radio Città Futura, o che erano collezionisti di dischi. Pensavo a qualcosa di diverso dalle precedenti esperienze di Rai Stereo Uno e Due che si facevano concorrenza sullo stesso terreno rincorrendo, senza riuscirci, le caratteristiche delle radio private.

 

Per questo motivo le venne l’idea?

 

In quel periodo lavoravo a Radio 3 con Enzo Forcella e curavo i rari momenti in cui veniva programmata musica non classica, che veniva detta extra colta. Offrì l'idea di una programmazione musicale più ampia a Giulio Cattaneo che dirigeva i programmi per l’estero. Allora questa direzione curava il Notturno italiano in onde medie che non era altro che una lunga trasmissione registrata di musica in bobine.

 

Ha ricordato in precedenza Supersonic che trasmetteva già musica molto apprezzata dal pubblico giovane e non solo…

 

Sì, fu una delle due trasmissioni di rottura insieme ad Alto Gradimento. Ricordo che prima per i programmi radio vigeva un codice in stile Vermacht con frasi del tipo “Il giornale radio deve essere letto da una voce maschile, la voce femminile potrà leggerlo solo nel caso quella maschile non fosse disponibile”, cioè mai. Inoltre c’era una commissione ascolto dischi che operava una vera censura. Per Supersonic, che aveva come sottotitolo “dischi a Mach 2”, la sigla era In-A-Gadda-Da-Vida degli Iron Butterfly e la musica era presentata da annunciatori, che magari poco prima avevano letto la pubblicità dei formaggini. Per questo RaiStereoNotte rappresentò una scommessa molto più importante con una conduzione specifica.

 

Quali erano le regole per chi trasmetteva a RaiStereoNotte?

 

Di rispettare la musica. E soprattutto di avere uno stile “francescano” e non elitario dato che ci sentivano tutti. Ben presto ci fu grande attenzione e grande affetto per questa esperienza. Iniziarono ad arrivare lettere (che io leggevo prima di dare ai conduttori, dato che volevo rendermi conto quale tipo di pubblico avevamo e che riscontro aveva il nostro lavoro), la gente portava i pasticcini all’alba. Proprio per questo mi sono sempre rifiutato di mettere una linea telefonica di dialogo con gli ascoltatori, così come facevano RaiStereoUno e Due, perché i conduttori non avrebbero più potuto fare il loro lavoro.

 

E il programma come era strutturato?

 

Dopo il Giornale della Mezzanotte partiva la sigla e la notte era suddivisa in quattro turni di conduzione fino alle 5,45, quando andava in onda il Giornale dall’Italia. Gli ultimi due turni per i conduttori erano i più faticosi. Ma la formula ha sempre funzionato.

 

Come era accolta questa esperienza?

 

I peggiori nemici li avevamo proprio in Rai. Già il fatto di essere in via Po isolati e in studi inadeguati era un chiaro segnale. Mi ricordo che, a differenza di quanto accadde a noi, per l’inaugurazione in pompa magna di RaiStereoUno e Due gli studi erano tirati a lucido. All’inizio ci dicevano “ma chi ve sente?”, poi arrivati i primi dati di ascolto incominciarono a temerci. Però devo dire che Cattaneo non mi ostacolava, anzi mi lasciava autonomia. Successivamente ho anche preso in mano il Notturno Italiano. Certo, i primi tempi erano duri. Andavo a letto all’alba, dormivo tre ore e poi alle 9 ero nell’ufficio di Radio 3 dove continuavo a lavorare con Forcella. Poi una mattina andai a finire con l’auto dentro una farmacia e capii che non potevo andare avanti così.

 

Quando finì il programma così come lo aveva concepito lei?

 

Nel 1995, ma io non ero più responsabile di RaiStereoNotte già da qualche tempo. Sinceramente non voglio nemmeno ricordarlo dato che ho passato l’ultimo periodo in Rai a guardare un muro… (dal 1994 il testimone passò a Fabrizio Stramacci fino al “trasloco” su Radiodue con Bellisario e la fine del programma, nonostante una mobilitazione di stampa, artisti e due interrogazioni parlamentari, ndr).

 

E cosa è rimasto della sua RaiStereoNotte?

 

Assolutamente niente. Il patrimonio è andato totalmente perduto, anche se qualche volta ci può essere uno spiraglio. Ma la questione è diversa: bisogna che chi ascolta la radio percepisca un suono riconoscibile come un marchio. Se questo non c’è, specialmente in un periodo dove i dischi vengono scelti da un computer invece che da una persona, tutto si perde inevitabilmente nell’etere.

Intervista a Pierluigi Tabasso



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