Notizia dellultima ora. Il CdA, cioè il Consiglio di Amministrazione, della Rai, un organismo che dovrebbe essere determinante in qualsivoglia azienda ma la cui funzione alla Rai onestamente ci sfugge, e che è diretto dal giornalista Garimberti di “Repubblica” (la cui funzione ci sfugge bis), ha deciso, citiamo dal “Corriere della Sera” online del 22 ottobre, di ripensare il contratto in scadenza di Bruno Vespa. Triennale, da rinnovare. Perché? Perché «in un momento di crisi le spese vanno contenute».
La questione è interessante. Anzi, importante.
Qui sono necessarie alcune premesse. Come è universalmente noto, la Rai è in crisi. Come faccia, visto quello che si becca dal canone e dallo Stato, quindi da tutti noi, e dalla pubblicità, è un mistero. Mediaset, tanto per dire, ha circa un terzo in meno dei dipendenti della Rai – labbiamo detto anche unaltra volta. E ovviamente non fa pagare il canone né grava sulle nostre tasse. Ma la crisi cè, al punto che sono allo studio varie contromosse: ad esempio, visto che levasione al canone è allincirca del 30% (non chiedeteci come fanno a stabilire queste percentuali: forse interrogano il Mago di Napoli), quella di indagare occhiutamente sugli evasori, magari facendo uno screening su quelli che pagano lelettricità (tutti, probabilmente: beh, chissà…) e legarli al contratto Rai. Come se fosse indispensabile avere la Rai in casa – lelettricità sì, si presume.
Insomma, altre tasse. In questo generale piagnisteo nazionale (non abbiamo soldi, lo Stato ‘ndo sta? e querimonie varie e insopportabili, da paese del terzo o quarto mondo), ecco che spunta il contratto del Vespone. Che – citiamo dalla stessa fonte – è una robina mica da ridere: «l'ipotesi di nuovo contratto - durata triennale - che era stata portata in Cda prevedeva - a quanto riferiscono alcune indiscrezioni - un compenso ‘minimo di 1,6 milioni di euro l'anno, ma poi la misura reale del compenso per il conduttore è data dal meccanismo delle sue presenze in programmi Rai, dal numero degli ‘speciali realizzati, e dal numero delle prime e seconde serate di Porta a Porta, il che finisce con il far lievitare il ‘minimo garantito».
Cioè, fateci capire. Intanto: come sarebbe a dire "a quanto riferiscono alcune indiscrezioni"? E che i cittadini italiani non possono sapere quanto viene pagato, con i loro soldi, il Vespa? Cose da pazzi.
Poi: Vespa, per il programma che fa e su cui evitiamo di spendere aggettivi, in questa Italia della crisi ha un minimo garantito di un milione seicentomila euri, che aumentano con gli ‘speciali, con le prime e seconde serate di Porta a porta, con la sua presenza in altri programmi (anche quando va a pubblicizzare i suoi libri? ci piacerebbe saperlo, perché sarebbe davvero il colmo) e altre prebende varie.
E ancora. In unazienda normale, in qualsiasi azienda in qualsiasi parte del mondo anche incivile, quindi anche nel nostro, si direbbe, le cose funzionano così. Un dirigente o quel che è prende uno stipendio minimo, e il resto, quello che viene in più, non deriva dal numero delle volte che la sua bella faccia si vede in ufficio, ma da ciò che realizza: che si chiama, scusate se siamo proprio terra-terra, utili.
Prendiamo il calcio. Un allenatore ha un contratto. Se salva la squadra, se fa un bel campionato, se vince lo scudetto, lo si rinnova e magari si accresce. Altrimenti, ciao ciao e amici come prima. Il suo contratto non sale a seconda delle volte che si alza dalla panchina, tanto per dire.
Allora, come cittadini pagatori del Vespa e suoi datori di lavoro, si vorrebbe sapere: quanto fa incassare il Vespa con la pubblicità? Quante volte ha ‘vinto la concorrenza con le reti Mediaset? Ha aumentato o diminuito gli spettatori? Qual è il trend della sua trasmissione? Insomma, robetta così. Dopo, e solo dopo, è lecito parlare di grana. Che, comunque, sembra a dir poco esosa ed eccessiva. Neanche un centravanti da 20 gol lanno prende così.
Facciamo una scommessa. Gli rinnoveranno il contratto triennale alle condizioni che chiede lui.
Ci scommettiamo. Se vinciamo, vogliamo che il Direttore ci esoneri dal guardare Porta a porta per tre anni.
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