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Filodrammatica di paese

di Roberto Fedi
  Filodrammatica di paese
Data di pubblicazione su web 20/10/2009  

Lo confessiamo: a noi piace poco il teatro popolare o supposto tale. Ci piace poco perché è dilettantesco nel modo peggiore, pieno di luoghi comuni, tirato via, interpretato da guitti, privi di qualsiasi tratto ironico, vestiti male, e con scenografie orrende e casuali. In altre parole: visto che possiamo andare a vedere spettacoli di professionisti seri, non si capisce perché si debba andare a vedere quella roba lì.

 

Per questo, domenica 18 ottobre accendendo la televisione a caso, nel primo pomeriggio, stavamo per chiudere subito e guardare le dirette della serie A su Mediaset Premium. C’era, in una stanzetta mal addobbata, proprio da filodrammatica, un gruppetto di persone che sbraitava. Ma il bello, anzi l’orrendo, era che ognuna di loro era la pessima e spesso truculenta imitazione di qualcun altro: sapete come accade nelle filodrammatiche, c’è quello che imita un presentatore, un altro che fa un’imitazione (da poveri) di un cantante, quell’altra truccata come un’attrice. E tutti vorrebbero far ridere. Inutile dire che fanno piangere.

 

Lì c’era una che imitava Alba Parietti; qualcuno che imitava un giornalista; uno addirittura che cercava di assomigliare a Cecchi Paone, ma era talmente tondo, con una panza come un otre e un collo che gli usciva strozzato dalla camicia, che ovviamente non era lui. Poi c’era uno magro e vestito probabilmente con gli scarti degli altri che fingeva di essere un prete, magro proprio come uno si immagina i pievani di montagna negli anni Cinquanta – o com’erano nei filmacci neorealisti. Poi c’era una donna che imitava, ci pare, una presentatrice televisiva, e che urlacchiava sbracciandosi qua e là. Poi, su una scala di quelle di alluminio che ognuno di noi ha nel ripostiglio, trenta euro al massimo alla Coop, ecco abbarbicato una specie di arbitro di tennis da torneo dell’asilo, che fingeva di essere Sgarbi, ma di certo non era lui perché con una faccia grassottella, e poi stava zitto. Addirittura c’era un cicciotto che fingeva di rappresentare un’associazione di fantasia (chi altri avrebbe un nome così?), detta Sacrum Romanum Imperium. Non assomigliava per nulla, garantiamo, a Carlo Magno.

 

E che facevano? Fingevano di parlare dei gay. Infatti lì in quello studio de noantri c’erano alcuni malamente (e in modo offensivo, davvero) acconciati come gay, maschi e femmine, così come se li immaginano i beceri: una donnona vestita da uomo, due ragazzi che facevano le mossettine e si davano bacini e si tenevano la manina.

 

Ci siamo indignati. Insomma, un problema così serio, per cui l’Italia è stata anche censurata in sede internazionale, trattato alla stregua di una rappresentazione amatoriale in caserma. Naturalmente questi qua fingevano di arrabbiarsi, come accade in Tv: a un certo punto tutti urlavano, probabilmente divertendosi a farlo, si insultavano, e quella (o quello, non era chiaro perché il trucco era pesante, come accadeva ai grandi Legnanesi) che imitava Alba Parietti si è alzata e si è buttata contro l’imperatore del Sacro Romano Impero dicendogliene di tutti i colori, e quasi lo picchiava. Quello che imitava Sgarbi se n’è andato zitto zitto, e così quello che imitava un giornalista grasso. Saranno andati al bagno, s’è pensato.

 

Beh, stavamo per passare alle partite della serie A quando è entrato un amico. Guardi quella roba lì? Ti piace Barbara D’Urso?

 

Siamo rimasti di stucco. Era, che ci crediate o no, Domenica Cinque. Su Canale 5. Era tutto vero.

 

Quando ha segnato Pazzini è sembrata una liberazione.

 

PS. Per chi non lo sapesse, Pazzini è il centravanti della Sampdoria, ex della Fiorentina (probabilmente i Della Valle si stanno ancora mangiando le mani).

 

 




 
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