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Figaro a Washington D.C.

Gianni Cicali
  Donato di Stefano come Don Bartolo
Data di pubblicazione su web 21/09/2009  

Il Barbiere di Gioacchino Rossini, su libretto di Cesare Sterbini dal testo originario di Beaumarchais, è noto e arcinoto, e forse non ci sarebbe bisogno di aggiungere nulla. Ma poiché abbiamo assistito a un bell'allestimento del Washington National Opera dobbiamo cominciare con un dato: il Barbiere di Rossini (prima rappresentazione a Roma, teatro Argentina 1815), era giunto in America già nel 1819 a New York, solo però con alcune scene inserite in un pastiche opersitico; poi fu rappresentato nella sua interezza nel 1825 nella stessa città, prima opera italiana ad aprire la fortuna del genere in America.

Quindi il Barbiere è una delle opere italiane storicamente più conosciute dal pubblico americano che, rispetto a quello europeo e italiano, gode più direttamente dello spettacolo piuttosto che filtrarlo più criticamente, direi 'storiograficamente'. Non sorprende allora la facilità con cui gli spettatori washingtoniani concedono la standing ovation, un rituale che oramai si consuma sempre più spesso.

Scena finale del Primo atto del Barbiere di Siviglia

Di questo Barbiere che ha aperto, con scelta felice e sicura, la stagione opersitica autunnale di Washington, abbiamo seguito il cast della rappresentazione successiva alla prima, durante una matinée molta affollata al Kennedy Center. Questo cast si è comportato in maniera più che brillante: ottime voci, ottime qualità performative nel senso più ampio del termine. Alcuni interpreti erano gli stessi della serata d'apertura (in particolare i due buffi caricati), e lo stesso era anche il direttore d’orchestra.

L'opera di Rossini e Sterbini rappresenta un'estrema evoluzione del genere buffo che era stato la grande innovazione del mercato e del repertorio operistico italiano ed europeo del secolo precedente. Al tempo in cui Rossini componeva il suo Barbiere la griglia dei ruoli buffi (e anche seri) era già consolidata, cristallizzata e fissata in una routine di "convenienze"  accettata (le convenienze erano il numero d'arie, e le loro caratteristiche, che ogni ruolo aveva a seconda della sua importanza).

Donato Di Stefano (Don Bartolo) a destra, e Eric Owens (Don Basilio)

Ai ruoli dei buffi caricati da bassi cantanti di Don Bartolo e Don Basilio si aggiungono gli innamorati, Rosina e il conte, e, infine ma certo non ultimo, il factotum, sensale e quant’altro si possa dire, Figaro, forse il personaggio più conosciuto dell'opera in generale. Un cast che ha potuto inanellare le arie (o cavatine ecc.) più famose con brillante sicurezza ed efficace resa scenica, dal "Largo al factotum del primo atto", a "Una voce poco fa" di Rosina (non così efficace, tuttavia, nella celebre "Io sono docile"), alla magnifica aria "La calunnia è un venticello" che raccoglie la 'summa' del crescendo rossiniano, e splendidamente riuscita nell'interpretazione di Eric Owens come Don Basilio.

La regia semplice ma valida e puntuale ha, fin dall’ouverture, messo in chiaro quale fosse la chiave di lettura e il 'ruolo' dato allo stesso Figaro: non solo factotum ma anche regista, e forse più che regista direi quasi un didascalo. Con un effetto 'barocco', la scena si apre su un arcoscenico finto che si riquadra su quello stabile del teatro. La messinscena ha dunque sottolineato una sorta di valenza metateatrale sia del ruolo di Figaro, sia dell’opera in generale, lasciando spazio a una comicità sempre ricercata ma mai forzata o portata ai livelli del grottesco, e dando grande spazio, giustamente, al gioco degli attori-cantanti.

Don Bartolo, interpretato dal bravissimo Donato Di Stefano,  si è prodotto in tutto il repertorio richiesto a un buffo caricato, o meglio sarebbe dire a un buffo o basso cantante così come basso cantante oltre che ottimo performer è stato anche il Don Basilio del già menzionato Eric Owens, a cui il regista ha dato una connotazione da avido cleptomane che non può trattenersi dal rubare ogni oggetto in casa di Bartolo, ottenendo così un sicuro effetto comico 'caricato'. 

Rosina è stata invece interpretata dalla giovane cantante di origini georgiane Ketevan Kemoklidze (vincitrice del concorso Operalia) con buone doti canore molto ben controllate e senza sbavature di protagonismo nella sua parte belcantistica; il conte d'Almaviva era un giovane tenore argentino, Juan Francisco Gatell, che ha dato spessore al personaggio e si è prodotto vocalmente con notevole pulizia esecutiva ed intepretativa. Ottimo il Figaro di Keith Phares che ha dato non solo il giusto peso alla performatività richiesta dalla parte, ma anche tutto lo spazio necessario ai virtuosismi che impegnano il baritono in questa sua fatica rossiniana. Cynthia Hanna (Berta) e Oleksandr Pushniak (Fiorello), sono due ex Domingo-Cafritz Young Artist, che hanno ben interpretato i loro ruoli secondari. In generale ottima e intellegibile la dizione italiana dei cantanti.

Da segnalare che il Washington National Opera ha un suo vivaio d'artisti, un po' come le squadre di calcio hanno le loro squadre primavera - il paragone non sembi irrispettoso: c’è molto dell'atleta nell'attore-cantante, e c'è molto dell'artista nel grande sportivo. Il WNO ha i suoi Domingo-Cafritz Young Artist(s), cioè cantanti che si formano all’interno di questo progetto 'dominghiano' (Placido Domingo è "general director" del WNO), ma spesso accoglie anche i vincitori di Operalia, un concorso internazionale per interpreti d'opera, fondato anch'esso da Domingo, che come direttore del WNO ha svolto un intenso e validissimo lavoro di propaganda opersitica, e di 'allevamento' di giovani talenti internazionali. Un circolo virtuoso che dota il WNO di artisti freschi e appassionati che a volte fanno il loro debutto internazionale proprio a Washington D.C.  

Il John F. Kennedy Center for the Performing Arts di Washington D.C.

La regia, dicevamo, è stata eccellente, anche con piccole ma azzeccate 'trovate' come il finale del primo atto (una dei momenti più alti della musica di Rossini) con attori e comparse che si muovevano 'al rallentatore' il che faceva risaltare il contrasto con la musica che invece si andava facendo rossinianamente più caotica e agitata. Il regista David Gately è riuscito a far sprigionare dall'opera tutta la sua comicità - soddisfacendo così l’immancabile desiderio degli americani di ridere appena se ne presenti l'occasione – senza però mai condiscendere a un Barbiere stereotipato o volgare.

Il giovane direttore, Michele Mariotti, pare abbia una brillante carriera musicale di fronte a sé: il pubblico americano lo ha amato, e sfonderà di certo nei loro cuori. Resta da vedere come si comporterà questo direttore - che si sta specializzando sopratutto nella direzione di opere (Rossini e Verdi) - con il Nabucco che dovrà dirigere prossimamente al Regio di Parma per il Verdi Festival. Lì, forse, il pubblico è meno indulgente, e l'andare all'opera è una cosa seria anche se l’opera fosse 'buffa', e il Nabucco di sicuro non lo è. Ma a Parma il coro va da sé, e l'orchestra pure, e Leo Nucci nel ruolo di Nabucco con la sua esperienza e bravura è già più di una valida garanzia. Credo che l'orchestra di Parma potrebbe eseguire il Nabucco senza spartito, a occhi chiusi e con le mani legate dietro la schiena.

Detto questo, e senza nulla togliere (anzi!) alla splendida freschezza del pubblico americano (ma niente è paragonabile, al mondo, al pubblico di Parma), se a Mariotti riusciranno questa come altre sue imprese, gli preconizziamo un brillante futuro. Giovane, piacente, con una personalità non troppo emergente ma da giovanotto simpatico e brillante (il figlio che le mamme vorrebbero avere): farà strada. Nell'incontro con il pubblico all'Istituto Italiano di Cultura di Washington D.C., il maestro, originario di Pesaro (un luogo, un destino), che è alla sua quinta direzione del Barbiere, ha sfoggiato simpatia e modestia che hanno conquistato il pubblico locale di melomani.  

Il Barbiere di Siviglia alla Washington National Opera è stato, dunque, un momento di notevole spettacolo sia dal punto di vista del cast, sia dell’orchestra, sia della direzione, sia della regia. L’orchestra della Washington National Opera è una buona orchestra, di notevole livello tecnico, di rimarchevole pulizia sonora. Forse, nonostante le intenzioni del maestro Mariotti, l'alchimia dei suoni, e la loro equilibrata mescidanza tra palcoscenico e golfo mistico, non è stata sempre così perfetta. Piccole sbavature di natura, tuttavia, marginale. Grande successo di pubblico.

Il Barbiere di Siviglia
dramma comico in due atti


cast cast & credits
 
trama trama



Il maestro Michele Mariotti, direttore del Barbiere di Siviglia al Washington National Opera.
 
 
 

Le foto dello spettacolo sono di Karin Cooper

 
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