drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Bilanci in... mostra

di Federico Ferrone, Marco Luceri, Sara Mamone, Luigi Nepi
  Venezia 2009
Data di pubblicazione su web 14/09/2009  

La sessantaseiesima mostra del cinema di Venezia si è dunque chiusa e si può fare qualche piccolo bilancio. Poiché non è nella sua natura, Drammaturgia non sfiorerà alcuna valutazione sulla riuscita mediatica, su arrivi e partenze, su falsi e veri scoop, su alcune baracconate finali. Cercheremo di parlare solo di film, i molti, forse troppi, presenti. Venticinque pellicole in gara (una media di quattro al giorno) sono veramente tante e levano tempo per la visione di altre, spesso interessanti, visioni. Più che mai le rassegne collaterali sono state ricche e attraenti (basti pensare ad “Orizzonti” anche solo per il rumeno Francesca, o alla settimana della critica dove dobbiamo segnalare almeno due opere degnissime: Je suis heureux que ma mère soit vivante del duo Claude e Nathan Miller e Krakaki del giovane russo Ilya Demichev ed è stato un po’ un peccato non poterle seguire più compiutamente (ma ai nostri affezionati lettori non sarà certo sfuggito lo sforzo fatto quest’anno dalla rivista per informare non solo sui film in gara, ma anche su quelli a margine).      

Premio Migior Attrice emergente:
Premio Marcello Mastroianni Attrice emergente: Jasmine Trinca

I film in concorso dunque: molti ed eterogenei, così come eterogenea è apparsa la giuria. Certo sono forse passati i tempi del rigorismo selettivo e, se Dio vuole, anche quelli che vedevano il festival come l’occasione di una militanza prevalente sul giudizio estetico; però forse i cordoni si sono un po’ troppo allargati e alcune pellicole avrebbero potuto prendere la strada delle sale direttamente. Comunque poco male, “se il resto è sano”. Tra vincitori e vinti dobbiamo segnalare subito lo scacco di Baarìa, completamente dimenticata, e forse non del tutto giustamente. Anche se per un’opera cosi ambiziosa, pompata e non totalmente riuscita, qualunque altro premio minore sarebbe stato forse ancor più imbarazzante. Il Leone d’oro a Lebanon, film da festival nel senso migliore, non solo non ci sorprende ma ci pare assolutamente meritato: non solo per le tematiche coraggiose, per il pacifismo di cui è impregnato senza didascalismi ma proprio per il valore filmico, per le emozioni suscitate dalle riprese sull’uomo, per l’originalissima ambientazione in un carro armato che diventa davvero metafora della guerra, delle ingiustizie, delle paure.

Premio Migior Attore:
Premio Migiore Interpretazione maschile:Colin Firth

“Da festival” invece nel senso più accorto ci è parso Women Without men dell’iraniana Shirin Meshat, trappolone molto à la page ricco di tutti gli elementi politicamente corretti necessari (autrice donna, iraniana, tematica attualissima anche se elegantemente travestita da romanzo storico): il Leone d’argento, che è in fondo il secondo premio (e che spesso è stato il rifugio del film migliore, poiché meno soggetto a pressioni di varia natura), ci pare completamente sproporzionato: poiché si tratta di cinema forse si poteva avere qualche attenzione in più al Cattivo tenente di Herzog, all’interessante Lourdes di Jessica Hausner, forse a Life during wartime di Ted Solonz, magari a White material di Claire Denis. Il premio per la regia al turco tedesco Fatih Akin completa il trionfo produttivo dell’industria germanica (coproduttrice con ampio impegno di tutti e tre i film maggiori premiati).      

                          
       Premio Migliore Attrice: Kesnia
       Premio Migliore Interpretazione femminile: Ksenia Rappaport

I premi per il miglior attore e la migliore attrice non sono quasi mai dati al migliore in assoluto ma sono la ricaduta compensativa per le esclusioni dai premi maggiori, oppure sono di incoraggiamento e di scoperta (sennò come si fa a non dare un premio, ad esempio ad Isabelle Huppert che ovviamente anche stavolta l’avrebbe meritato?). Quindi bene Colin Firth per la sorpresa finale del film di Tom Ford. Un po’ più sorpresi siamo dal premio a Ksenia Rappoport per La doppia ora di Giuseppe Capotondi quando c’era a disposizione una meravigliosa Margherita Buy, dimostrazione incarnata di quanto un attore possa “fare” il film. L’Italia è stata compensata del vuoto di Baarìa con vari premi e premietti: premio  Mastroianni a Jasmine Trinca per il film di Michele Placido, premio Controcampo Italiano alla rivelazione Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli e menzione speciale del medesimo a Negli occhi di Daniele Anzellotti e Francesco del Grosso. Michel Moore (oltre ad essere forse danneggiato dal mediocrissimo Oliver Stone che ha indisposto non pochi con un documentario brutto e propagandistico), ha avuto il destino di Baarìa. Senza rete, o tutto o niente. 

Saluti a tutti, ci rivediamo in sala.

 

 




 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013