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Gli improbabili destini di Mr. Nobody

di Federico Ferrone
  Mr. Nobody
Data di pubblicazione su web 13/09/2009  

Ci sono due ricette per confezionare un insulso film di un piccolo paese europeo che abbia spreco di mezzi e ambizioni hollywoodiane. Versione più elaborata: prendere Michel Gondry, Sliding Doors, atmosfere alla Immortal di Enki Bilal, le musiche più furbette e sfruttate dell’ultimo decennio, agitate senza mescolare e servite freddo. Versione più semplice: plagiate direttamente un discreto film come The Butterfly Effect (2004), a sua volta non originalissimo thriller sulle infinite possibilità fornite dal caso e dalle scelte umane. Mr. Nobody è un po’ di entrambe le cose. Molti di noi avranno subito il fascino di quella frase che, in una semplificazione discutibile, dovrebbe sintetizzare la teoria del caos: il battere d’ali di una farfalla in un certo luogo può dare vita a un tornado (o un uragano) dall’altra parte del mondo. Ovvio che c’è di quanto solleticare l’immaginazione di sceneggiatori e scrittori che su questo assunto hanno più volte elaborato storie legate ai viaggi nel tempo e le reazioni a catena.

Non fa eccezione il film di Jaco Van Dormael, che alcun cinefili ricorderanno come l’autore dell’originale Toto le héro (1991) e che a quest’opera ha cominciato a lavorare fin dal 2001. Frutto del più ricco budget della storia del cinema belga, Mr.Nobody si apre nel 2092, con gli ultimi giorni del ultracentenario Nemo Nobody (sic), l’ultimo dei mortali in un mondo dove la morte è stata sconfitta dalla scienza. Avvicinato da un giornalista che vuole raccogliere la storia della sua vita, Nemo ripercorre invece, sotto forma di flashback e salti temporali, la storia di tutti i suoi destini possibili: a seconda delle scelte effettuate, osserviamo quindi la sua vita seguire una determinata via. Ad esempio, in uno dei suoi destini s’innamora della figlia del marito della madre, in un’altra sposa una ragazza isterica e infelice, in un’altra ancora una ragazza di origine orientale.

Lo spreco di effetti visivi (il preferito del regista è quello di rimontare le sequenze al contrario e al ralenti) permette solo d’ingannare momentaneamente lo spettatore e di ritardare di una mezzora la consapevolezza di un film semplicemente banale oltre che un po’ confuso. Tutta la nostra solidarietà va al personaggio del giornalista, che pure dovrebbe passare per fesso e pedante, e che continua a dirsi disorientato e avanzare al protagonista dubbi di cronologia e coerenza rispetto alla storia raccontata. Troppo facile affidarsi a effetti speciali e a estratti musicali già ripresi da alcuni dei film più importanti degli ultimi anni, come la "Pavane" di Fauré de Il divo di Paolo Sorrentino, le arie della "Norma" (indovinate un po’: Casta Diva!) che puntellavano 2046 di Wong Kar Wai e "Where is my Mind?" dei Pixies che chiudeva Fight Club di David Fincher. Più che di omaggio, viste anche la prossimità visiva con questi ultimi due film, siamo ai limiti del plagio.

Considerato il cast (Jared Leto, Sarah Polley e Diane Kruger) e il tipo di film, viene da chiedersi se valesse la pena avventurarsi in un terreno così solidamente appannaggio dei grandi studios americani. Non che la fotografia e gli altri aspetti tecnici, quasi tutti affidati a europei, siano visivamente mal riusciti. E’ piuttosto la storia a non convincere: più che un film epocale del cinema belga, Mr. Nobody sembra infatti una delle tante brutte superproduzioni hollywoodiane. Perché sia finito in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia rimane un mistero spiegabile solo col curriculum del regista o con l’originalità del tipo di produzione.

Mr. Nobody
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