Un bel film sereno, calmo e pacato, Lo spazio bianco, di Francesca Comencini che fa parte dellagguerrita delegazione italiana al Festival di Venezia. Il risultato, oltre che alla perfetta fotografia di Luca Bigazzi, tersa e esatta anche nei momenti di più banale quotidianità, è dovuto al triplice felice incontro di una narratrice (Valeria Parrella, dal cui omonimo libro la regista trae il film), di una regista (appunto la Comencini, autrice anche della sceneggiatura) e di unattrice, Margherita Buy, protagonista assoluta e così “naturale” da sembrare lispiratrice del romanzo stesso.
La quotidianità della vita di uninsegnante quarantenne, single un po per scelta un po per via del suo carattere impetuoso talvolta frenetico, viene indagata con linearità e pacatezza: la sua sensibilità nei confronti delle difficoltà dei suoi maturi allievi della scuola serale, la tenace e discreta amicizia di un collega, la consolazione di un nuovo amore che pare cancellare la solitudine e poi, e poi allimprovviso, inattesa e non gradita, la gravidanza, lallontanamento immediato dellamante impaurito e la decisione, non troppo traumatica dato il suo carattere e il suo gusto per la solitudine, di proseguire da sola. Tutto ovvio, ma non ovvia la nascita prematura della bambina, e i problemi, veri, drammatici, della sua assoluta impotenza, di lei che, bene o male e pur nei suoi casini, aveva fino ad allora deciso della sua vita e dei suoi rapporti.
Lattendono due mesi di sospensione della vita, con la morte che aleggia in ogni istante, con unattrazione (che diventa il vero scopo del suo vivere) per lincubatrice nel reparto prematuri, con i medici che non possono dir nulla, con lunica solidarietà possibile delle altre madri in situazioni analoghe. Ancorata a quella scatola da cui dipende sempre di più, Maria a poco a poco abbandona le sue impazienze, anche il moto dei suoi casini perde di intensità, il tempo diventa la misura della sua vita, lento lentissimo, esasperante. Ma le speranze sono proprio là, in quel tempo che deve scorrere e pare non passare mai, in quel tempo in cui comincia ad imparare il valore dellattesa. Levidente identificazione della regista nella protagonista induce a pensare che lequilibrio raggiunto sia anche quello dellautrice che, dopo prove sempre interessanti ma forse un po troppo lodevoli, pare aver finalmente imparato ad ammorbidire le proprie prese di posizione, giungendo così a questo bel film, frutto di una bella sensibilità femminile, se Dio vuole praticamente depurata da ogni ideologismo. Dal 16 ottobre al cinema.
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