Ci siamo mai chiesti quante sono le variabili che intervengono in un incidente? Quante possibilità ci sono e quali cose devono verificarsi perché proprio quelle due persone, quelle due storie, quelle due vite si trovino a scontrarsi in quel dato posto e in quel preciso momento? In tempi di superjackpot, probabilmente, ci stupirebbe scoprire di aver molte più probabilità di vincere centinaia di milioni allEnalotto piuttosto che essere tamponati da quellincosciente del vicino di casa, ma tantè. Il caso governa le nostre vite, quindi sostituirsi al caso può voler dire sostituirsi addirittura a Dio. È in definitiva questo il tema centrale di Accident, il bel film di Pou-Soi Cheang, passato in concorso alla 66ª Mostra del cinema di Venezia, che racconta la storia di una banda di killer a pagamento, che uccide su commissione, inscenando incidenti perfetti come congegni ad orologeria. Tutto questo fin quando qualcosa si inceppa e non va come deve andare. Allora “The Brain”, il capo della banda, ovvero “lorganizzatore del caso degli altri”, non credendo più alla fatalità, è certo di essere lui stesso oggetto di un complotto. Prende perciò di mira lagente assicurativo incaricato di pagare il premio al figlio (nonché mandante dellomicidio) della loro ultima vittima. Questi, in effetti, sembra avere capito qualcosa dato che rinvia sempre il momento della liquidazione. “The Brain” inizia a controllare lassicuratore, fin nella più profonda intimità, in un vortice paranoico nel quale trova solo conferme alle sue congetture. Ciò lo porterà a non fidarsi più neanche degli altri componenti della banda: sarà davvero lui la causa di tutto?
Lincipit e la trama parrebbero indirizzare Accident dalle parti del Cronemberg di Crash, ma la paranoia del protagonista rimanda più a Spider o meglio ancora a The Number 23 con Jim Carrey, anche se, in definitiva, il film è un perfetto “prodotto” della Milkyway Image, ovvero della casa di produzione del grande regista Johnnie To, “responsabile” della formazione di tanti talentuosi colleghi di Hong-Kong, sbarcati anche ad Hollywood (Tsui Hark, Ringo Lam, Wai Ka-fai, Patrick Leung, solo per citarne alcuni). La Milkyway Image è non è solo una società di produzione, è qualcosa di più, un vero e proprio marchio che, come accadeva negli studios americani degli anni 20 e 30, confeziona una precisa tipologia di film (siano essi dazione oppure commedie), tanto che tra i crediti figura sempre il Milkyway Creative Team, che comprende tutti gli sceneggiatori della società. Il logo della Milkyway è quindi garanzia di assistere ad un ben preciso tipo di film, che può piacere o meno, ma così lo spettatore è avvertito fin dallinizio. La linea è dettata soprattutto dal fondatore, quel Johnnie To che, nei tredici anni di vita della casa di produzione, ha diretto 29 film sugli oltre 50 prodotti, ed il rischio più grosso è quello di cadere nel manierismo, nellimitazione delloriginale, cosa che Soi Cheang riesce (almeno in parte) ad evitare.
Se la mano della casa si vede in alcuni passaggi e nel meccanismo perfetto della sceneggiatura (daltra parte “la perfezione del caso” è il tema principale del film), nonché in una certa indulgenza verso le riprese dallalto, Soi Cheang riesce comunque a conservare il suo stile visionario: prima orchestra una danza di corpi ed automezzi che si sfiorano millimetricamente fino ad arrivare al fatale impatto finale, poi ci fa entrare nella spirale paranoica del delirio di onnipotenza che si fa ossessione nella mente di “The Brain” con limprevisto che, da variabile impazzita, si fa causa stessa della pazzia.
Accident non è certo di quei film che accendono il cuore delle giurie, ma comunque regala novanta minuti di buon cinema, ben confezionato, ben recitato e soprattutto mai banale, è davvero un peccato che questi film in Italia non trovino una distribuzione nelle sale e si debba sempre ricorrere al mercato dei DVD o al peer-to-peer per tentare di recuperarli. Fin dallinizio del film viene più volte inquadrato un insolito cartello stradale, che solo nellincidente finale troverà la sua spiegazione. Si tratta di un segnale di pericolo con allinterno una palla nera: che cosa vorrà dire? Un piccolo aiuto: ad Hong-Kong ci sono molti palazzi di vetro.
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