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La tragica «buffonata» di Latella

di Gherardo Vitali Rosati
  La trilogia della villeggiatura
Data di pubblicazione su web 18/06/2009  

Sono tre gli spettacoli che Antonio Latella raccoglie nella sua Trilogia della villeggiatura. Ispirandosi alle note commedie di Goldoni, il regista stabiese presenta tre atti che esprimono linguaggi diversi: dalla quasi totale riscrittura proposta da Letizia Russo per Le smanie della villeggiatura, alle assai più filologiche Avventure,  fino al Ritorno, dove il testo tende a sparire lasciando il posto a un gioco di corpi – spesso nudi – e di oggetti.

Una lunga pedana, posta al centro del palcoscenico e aggettante verso la platea, è il set che gli attori non abbandonano quasi mai: sono già in posa quando il pubblico entra in sala, attendono il proprio turno e recitano le loro scene senza uscire dal palco. Camminano, corrono, saltano: al linguaggio universale dei corpi si aggiunge quello ben più complicato delle parole. In perfetta sintonia con un festival che sembra trovare nel multilinguismo la sua principale linea programmatica, Latella presenta uno spettacolo bilingue, in cui gli attori alternano senza soluzione di continuità italiano e tedesco, lasciando posto anche a qualche inserto in latino. 


Nei tre atti la parola “villeggiatura” viene sistematicamente sostituita dal termine “buffonata”, come a sottolineare con insistenza la grottesca autocelebrazione di una borghesia ormai in rovina. E Dante irrompe prepotentemente nella Trilogia, grazie a Herr Filippo, l’anziano padre della protagonista – Giacinta –, che se in Goldoni ha una fissazione per il gioco del picchetto per Latella ama declamare intere pagine della Commedia o della Vita Nova. Che stridono violentemente davanti ad una società tutta concentrata sull’apparenza e sul denaro; assai calzante – ma un po’ scontata – risulta allora la citazione dei celebri versi di Cacciaguida «Non faceva nascendo, ancor paura/ la figlia al padre, ché l’tempo e la dote/ non fuggien quinci e quindi la misura».

La commedia di una borghesia che ha sostituito l’amore con un contratto diventa una tragedia, che spazzando via l’ultima parte del Ritorno, si chiude con enfasi sulla scena in cui Ferdinando, il parassita, apprende che la sua anziana e ricca corteggiatrice Sabina gli farà una donazione pur di essere sposata. Fra tutti i matrimoni della Trilogia – sempre fatti per interesse – questo è certo il più triste, e mette in luce il doloroso contrasto fra il reale sentimento della donna e il puro interesse dell’uomo. Latella elimina tutto l’umorismo che caratterizza questa pagina goldoniana, isolando i futuri promessi sposi in un’atmosfera tragica. 


Ottimo il cast, ed eccellente la scenografia, con la sua teoria di lampadari ingabbiati che poi saranno calati giù fino ad incastrarsi nella pedana. I costumi variano nei tre atti: dai jeans delle Smanie si passa ad abiti d’epoca e poi al nudo dominante nella chiusura dello spettacolo.

Molte le scelte forti e significative, come il personaggio che nel primo atto scandisce il ritmo della narrazione recitando in tedesco tutte le didascalie del testo della Russo. I suoi ritmati interventi accelerano l’azione aggiungendo anche un velo di comicità quando gli altri attori sembrano non voler seguire le sue disposizioni. Strepitoso l’incontro fra le due amorose della Trilogia che in Goldoni condividono la nevrotica attenzione per la moda: sulla pedana di Latella diventa una vera e propria sfilata, con tanto di musica e bodyguards, durante la quale le due contendenti si lanciano occhiate sferzanti e taglienti offese.

Molti gli spunti riusciti di questo spettacolo estremamente variopinto e complesso, che per circa cinque ore non perde mai ritmo e dinamicità. Un lavoro ricchissimo che sa proporre un’attuale lettura dei testi di Goldoni, rapportandoli alle nostre quotidiane miserie. 


La trilogia della villeggiatura
cast cast & credits
 



 
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