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Il teatro della parola incarnata

di Laura Bevione
  Orgia di P.P. Pasolini
Data di pubblicazione su web 25/11/2002  
Incarnare la parola che informa un teatro che sfiora l'irrapresentabilità: questa la sfida, vinta, della messa in scena ideata e interpretata dal regista torinese Valter Malosti. In uno spazio essenziale, costruito secondo linee geometriche che richiamano non casualmente il triangolo e dipinto di grigio piombo, occupato da pochi elementi di scena - un letto, un tavolo, qualche sedia - si muovono i tre personaggi, forse le diverse e complementari nature di una stessa individualità. La donna (Michela Cescon), l'uomo (Malosti) e la ragazza (Claudia Coli) ricompongono una sorta di trinità - e la fluidità delle identità è oggettivata dagli scambi di abiti - protagonista della "passione" in cui Pasolini volle che si risolvesse il suo dramma.

Lo spettacolo diviene quasi un rito, di cui gli attori sono allo stesso tempo officianti e corpi in cui il verbo dell'autore riesce, infine, a farsi carne. E il rituale non è soltanto quello sado-masochistico praticato dalla coppia borghese, né l'omicidio dei figli e il suicidio commessi dalla donna, quasi una Medea contemporanea senza però la dignità e l'auto-stima dell'eroina tragica, bensì quello di un'intera esistenza impostata secondo princìpi cui, almeno nell'apparenza, bisogna conformarsi e a cui si può trasgredire unicamente nel segreto della vita sessuale. Anche gli inserti inediti tratti dal corpus dei dattiloscritti di Pasolini conducono l'interpretazione verso quest'orizzonte: si tratta dalla scena iniziale - la coppia, la sera di un lunedì di Pasqua, si prepara ad accogliere in casa degli amici - e degli interventi di due cori, che funzionano da prologo ed epilogo e commentano quanto accade rivolgendosi direttamente al pubblico.

Interpretati rispettivamente da Malosti e da Coli, i cori conquistano allo spettacolo uno straniamento che ne aumenta la ritualità e la fredda inquietudine che sottilmente lo pervade ricadendo sullo stomaco dello spettatore. La poesia pasoliniana è restituita nella sua limpida, e allo stesso tempo tragica, verità: denuncia di una società che - balzata senza protezioni dalle consuetudini della campagna all'anarchia della modernità, generatrice di disorientamento e di inevitabile e cruda violenza- è incapace di essere autentica.

I tre interpreti, concentratissimi, con generosità offrono i propri corpi perché la laica passione allestita da Pasolini possa essere celebrata fino alla sua conclusione che non potrà che coincidere con la morte, ovvero con la dichiarazione di un impossibile adattamento. Uno spettacolo stringente e gelidamente inquietante, tragico e spudoratamente carnale, capace di riempire di pura teatralità l'elegantemente sferzante parola pasoliniana.


Orgia
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