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Diario elettorale

di Roberto Fedi
  Le elezioni in tv
Data di pubblicazione su web 12/06/2009  

Tranquilli, amici: non abbiamo alcuna intenzione, dio ce ne guardi!, di chiacchierare di elezioni. Ne avete abbastanza: del resto, scriviamo queste righe la domenica pomeriggio, 7 giugno, e quindi non si sa come andrà a finire né abbiamo la minima idea di come sarà il dopo elezioni. Il Bossi, invece, le idee ce le ha chiare: “non cambierà nulla”, ha sentenziato. L’avesse detto a noi, invece che ai giornali, gli avremmo ribattuto: “scusi, ma allora che cavolo siamo andati a fare, tutti belli incolonnati, alle urne?”. Ma lasciamo perdere.

Le elezioni in Tv – è questo l’argomento di oggi – sono come le telecronache delle partite di calcio sulla Rai. I cronisti in diretta parlano di tutto, fuorché di quello che si vede sullo schermo. Ieri sera, per esempio (era la partita amichevole Italia-Irlanda del Nord) c’è mancato poco che i due simpaticoni in cronaca (Civoli e Bagni) neanche ci dicessero com’era finita: chiacchieroni da strapazzo, hanno straparlato di tutto o quasi (la Fiorentina, la Confederation Cup, Lippi, la Juventus, Trapattoni, il passato dei giocatori, i gol segnati in tutti i campionati d’Europa, il colore delle maglie eccetera), fuorché della partita. O bravi. La perla è stata quando Civoli, riferendosi appunto al colore delle maglie degli irlandesi, ha detto chissà perché “white and green”, e Bagni, interdetto, ha sussurrato “qui mi dispiace ma non ti seguo”. A quel punto, il poliglotta Civoli ha tradotto. Un momento alto di televisione, come suol dirsi.

Ma torniamo alle elezioni televisive. Qualche volta ci siamo guardati quei poveretti che andavano in Tv, naturalmente a parlar d’altro (ma si votava per le Europee o per miss Velina?): ma non da Vespa (lì proprio non ce l’abbiamo fatta: quasi due ore con Dario e Silvio ammazzerebbero un bue) bensì nei vari ‘spazi’ dedicati alle elezioni. Beh: c’era da ridere.

Ora, diciamo la verità: se uno di noi non avendo alcun mestiere volesse fare il politico,  qualche virtù dovrebbe pur avercela. Non si parla di virtù morali, perché quelle anzi sarebbero un peso; ma di qualche capacità espositiva, come minimo, e magari di una faccia decente, mobile, espressiva. Santiddìo, sono lì a chiederci il voto mica l’elemosina. E invece.

E invece lo schema, nei vari ‘spazi’ come si è detto, era questo: occhi vitrei, faccia immobile come in una foto segnaletica, loquela a dir poco impacciata e spesso semidialettale. E questi vorrebbero andare in Europa? Mah. Nessuno che sapesse fare in cinquanta parole un discorsetto sensato, del tipo ‘siamo questi, chiediamo il voto per questo e per quello, faremo questo’. Mica ci vorrà un seminario alla Sorbona per arrivare a questa sintesi? E poi: ma chi li veste, questi? La moglie? Allora meglio farsi consigliare, che so io?, da una velina di passaggio. Abiti di colore indefinito, fra il grigio-grigio e il grigio-topo, e tutti modello ‘testimone di nozze a un matrimonio (di provincia)’. Cravatte o d’un solo colore (brutto), o di fantasie che noi credevamo si vedessero solo nei film ormai da amatore di Renato Pozzetto. Per non parlare del nodo (alla cravatta, non quello in gola che avevano tutti): o grosso alla calciatore, o triangolare alla questurino d’antan, o striminzito e strizzato da ‘ora ti strozzo e non se ne parla più’. In altre parole: un film-commedia all’italiana. Vedendoli, tutti, uno si aspettava che uscisse fuori anche un Alberto Sordi redivivo. Magari.

Né è andata meglio alla radio, che chi scrive ascolta in macchina per i suoi frequenti spostamenti sulle autostrade intasate. Una volta ci siamo beccati, fra un casello e l’altro, il servizio sui candidati alle elezioni di Firenze. Uno sballo. Domanda della giornalista (per esempio): ‘qual è il vostro programma per il Comune?’. Risposta (più o meno): ‘i’pprogramma gl’è staho elaboraho da’ scittadini, e noi la si vòle bloccà la tranvia e impedì i’ ppassaggio dell’arta velocità che ‘un serve a’ poheri pendolari ‘he vengano tutt’i giorni a lahorà a FFirenze’. Mancava un ‘io boia!’ e sarebbe stato perfetto. 

Ma  la perla delle perle, e qui parliamo di pubblicità murale, la s’è vista – direbbe un candidato di Firenze – a Perugia, dove nella lista Idv si presentava un signore che di cognome si chiama Brutti. Niente di male, ovviamente. Ma nei cartelloni che invadono la città della cioccolata si vedono accanto le due faccione del candidato e del suo sponsor  Di Pietro, e subito sotto la scritta, a caratteri cubitali: BRUTTI.

Ragazzi, meritava arrivare al 7 giugno anche solo per questo. 




 
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