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Più agro che dolce

di Roberto Fedi
  Agrodolce
Data di pubblicazione su web 06/06/2009  

Saranno le elezioni, ma è un periodo che in Tv circolano parecchie vacche, però tutte magre. Riservando le nostre serate e i pomeriggi inoltrati a incontri con amici e cinema a tutto spiano, un’occhiatina in zone buie dove mai il nostro sguardo si era posato ce la siamo concessa. Così ieri sera, dopo Blob, Rai Tre, prima serata, invece di cambiare o spengere siamo rimasti lì, imperterriti e ligi al dovere come un soldato giapponese dell’ultima guerra.

Non l’avessimo mai fatto. Perché ci siamo imbattuti, ahinoi (è proprio vero che il periodo pre-elettorale è una sciagura), in una cosa che non sappiamo ben definire, e per la quale chiederemmo il vostro aiuto. Fiction? Scherzo? Filodrammatica di paese? Spot di pubblicità indiretta? Provini per attori dilettanti poi rilegati in una serie? A dire la verità, lì per lì c’era venuto in mente che continuasse Blob, ma poi la faccenda andava avanti lumachescamente, e in modo così dilettantesco che era improbabile. Insomma, bando alle ciance:  trattavasi di Agrodolce, una fiction (o meglio, la finzione di una fiction) tutta sicula, che evidentemente – si pensa – nella mente degli autori dovrebbe fare da contraltare a quella tutta campano-napoletana di Un posto  al sole, che infatti segue. Siccome ci sembrava di essere sul set di Scherzi a parte, ci siamo anche documentati: beh, che ci crediate o no è arrivata al secondo anno. A parte gli interpreti e, si presume, i rispettivi amiconi e parenti stretti e qualche picciotto, alzi la mano chi se n’era accorto. Noi, ad esempio, no, ed evidentemente un sesto senso ci aveva finora salvati. E invece questa volta c’è toccata  – accidenti alle elezioni europee.

Il bello è che questo capolavoro l’anno scorso stava per chiudere. Ascolti bassi, scarso interesse da parte di tutti (share intorno all’8 %, picco massimo un milione e 800mila spettatori: prendiamo i dati da La Stampa del 25 maggio). Vi diremo alla fine di questo pezzo perché non ha chiuso, e vi assicuriamo che vale la pena arrivare fino in fondo per la sorpresa.

Dunque, di che cosa tratta questa sicilianata da barzelletta? Vediamo un po’ se indovinate. Problemi di varie famiglie, dite? Accidenti, ma come fate a essere così indovini? E dite anche che è ambientato in una immaginaria città della bedda Sicilia? Ma siete proprio maghi, ragazzi (si chiama Lumera, per la storia). E scommettete che c’è anche un poliziotto? Giovanotti, qui esagerate: c’è. E un po’ nero, per giunta (si sa, l’interculturalità…). E siete pronti a giocarvi una cena che le varie famiglie rappresentano uno spaccato di tutti i ceti sociali? E che magari c’è anche un mezzo scemo del villaggio? Basta: ci avete messo in crisi con le vostre premonizioni. Ma dovreste giocare al lotto, bedda matre!

Inutile parlare degli attori, perché voi e il sottoscritto sapremmo fare dimolto meglio. Fotografie in movimento (scarso): insomma, in pratica, un fotoromanzo. La regia dite? Immaginatevi un Montalbano dei poveri, con scorci-cartolina sulla Sicilia bedda e interni standard: un paio di stanze per i poveretti, e una villona per i ricchi (decaduti). Le scene si susseguono spezzate, in modo da simulare un intreccio che sa piuttosto di caos narrativo: per dire, a un certo punto un poveraccio che non trova lavoro (si potrebbe chiamare Turi, dite? mizzega, ma siete meglio di Silvan!) ecco che trova però una borsa ventiquattrore con ventiquattro (pardon: venti) mila euri dentro. Cioè la ruba in una macchina. Beh non ci crederete: tra cuccarla, portarla a casa, provare ad aprirla, aprirla, cercare di non farsi vedere, tirare fuori i soldi, contarli, farsi scoprire dallo scemo del villaggio, piagnucolare tutt’e due (con dialoghi da Oscar del tipo: non farlo Turi! Sì lo faccio! Non farlo! Invece sì! No! Sì! eccetera), alé: finisce la puntata.

Ora voi direte: ma è così in tutte le soap-operas del mondo. Più o meno. Ma con almeno due varianti. E cioè che se voi aprite la Tv a caso, e vi trovate in mezzo a – poniamo – Beautiful, in venti secondi capite tutto: chi è quello, chi è quell’altro. È la forza della sceneggiatura di questo sottogenere di narrativa. Qui, prima variante, non ci capite una minchia, come direbbero a Lumera.    

Seconda e più notevole variante. Non risulta che Beautiful, per esempio, fosse finanziato dal governo degli Stati Uniti. Invece qui sta la sorpresa, agra, di Agrodolce: 12 milioni 700mila euri per far sopravvivere questa meraviglia, scuciti generosamente dalla Regione Sicilia. L’anno scorso erano stati 13 milioni tondi (fonte: La Stampa, cit.). Regione che, evidentemente, nuota nell’oro – anche se a Palemmo in questi giorni nuotano, veramente, in qualcos’altro.

Avete visto che arrivare in fondo all’articolo valeva la pena, picciotti?       




 
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