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Corpi genettiani 

di Laura Bevione
  I negri
Data di pubblicazione su web 20/02/2003  
Antonio Latella, napoletano, ha recitato con Ronconi e Castri e, da un paio di anni, ha affiancato all'attività di attore quella di regista. Dopo aver affrontato Shakespeare, il giovane artista ha scoperto una solida affinità elettiva con Jean Genet. Dopo Stretta sorveglianza, Latella ha messo in scena Querelle de Brest e, appunto, I negri, rintracciando nella poetica del "dannato" autore francese il significato perfetto per il proprio peculiare significante, fatto di carne, parodia e impeto. Genet consente a Latella da una parte di sperimentare tutte le potenzialità del proprio originale linguaggio e, dall'altra, di parlare del teatro e del rapporto attore-personaggio e palcoscenico-pubblico.

Ne I negri il gioco del metateatro si fa vorticoso e giunge quasi a stordire lo spettatore: un gruppo di neri si traveste da bianchi e allestisce, quale parodica e macabra cerimonia, un processo contro uno di loro, accusato di un crimine gravissimo, vale a dire quello di stupro e assassinio di una giovane "pallida". Allo stesso tempo, i negri che si fingono bianchi si rivolgono direttamente alla platea, esplicitando la propria vera identità di attori. A ciò si aggiungono programmatiche dichiarazioni che, se apparentemente rassicurano circa l'irrealtà della situazione rappresentata sul palco, vengono immediatamente smentite da un'azione teatrale che aggredisce il pubblico. La denuncia degli abusi del potere e, più in generale, delle restrizioni e delle violenze che la società impone, spesso sottilmente, alla libertà dell'individuo, dal testo di Genet si trasferisce in scena amplificata e rafforzata. E sono i corpi e, poi, le voci dei sedici bravissimi interpreti a riempire, oltre i suoi stessi margini, la parola del francese.

Le situazioni descritte nel dramma sono rilette da Latella all'insegna della moltiplicazione e del parossismo, della coralità e della rumorosità. Cifra dello spettacolo è l'accento sul corpo - che l'umana imperfezione degli attori paradossalmente esalta - e, quindi, un erotismo senza morbosità ma istintivo e quasi 'selvaggio'. E, d'altronde, l'intera messa in scena racchiude in sé qualcosa di primitivo, proponendosi quale una sorta di cerimonia di riappropriazione di sentimenti e atteggiamenti banditi dalle norme di comportamento comunemente accettate, nella società come sul palcoscenico. Lo spettacolo di Latella in fondo è proprio questo: un tentativo - generoso, coinvolgente e assai abile - di liberare il teatro italiano dal soffocante strato di abitudini e prassi accettate che lo sta lentamente condannando all'asfissia.


I negri
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