Il regista Stefano Pagin, già conosciuto per le sue proposte innovative nella zona della commedia goldoniana – nel 2006, infatti, ha presentato con successo La bona mare sempre in ambito Biennale-Teatro – ha adattato e messo in scena Orlando, unesemplare drammatizzazione del romanzo di Virginia Woolf, con il sostegno produttivo del Teatro Fondamenta Nuove e del Comune di Venezia. Si tratta di una sfida portata alla scrittura “androgina” della Woolf, che piega il tempo secolare alle ragioni delle passioni e dellarte, una confronto che Pagin sposta sul versante di unambigua e sofferta educazione sentimentale.
Sul finire del Cinquecento il bellOrlando, favorito di Elisabetta dInghilterra, sinfatua di una principessa russa, incurante del discredito in cui cade dinanzi alla corte. Il giovane, che tenta di mitigare la propria solitudine con lesercizio della poesia, riappare nel Seicento, stordito dalla vita lussuriosa di Costantinopoli, al punto da precipitare in una confusione ipnotica, dalla quale si risveglierà mutato in donna. La sua vicenda si protrae, poi, fino alletà vittoriana e a quella post-edoardiana, quando si lega affettivamente ad un capitano avventuroso, che si perderà tra i flutti di Capo Horn; Orlando-donna schiva locchio censorio di una schiera di regine, e infine, per scelta di Pagin, emerge trepidante e smarrita ai giorni nostri, intenta a scovare cimeli della memoria con laiuto di un commesso forse già incontrato nel vortice dei secoli. Nello spettacolo il ciclo spazio-temporale rigenera di continuo la ricerca dellaltro sesso, allo scopo di sanare la frattura che ha spezzato lantica unità “maschile-femminile”.
È lodevole il coraggio del regista veneziano, che singegna a superare le trappole della letteratura, trasformando i tre interpreti in scena in personaggi che si narrano entro il vorticoso schema delleterno ritorno. Lo aiutano a disegnare lambito della memoria, osservata dal futuro, le preziose e piacevoli musiche di Gabriella Zen, che utilizzano una strumentazione mediterranea, e la collaborazione generosa per le scene e i costumi di Gaia Dolcetta e Stefano Nicolao. Strepitosi i tre protagonisti che assumono i vari personaggi: superlativa è larte di Stefania Felicioli, in grado di mutare personalità e fisionomia, dalla tenera Sasha allincerta Orlando, via via fino ad un prototipo wolfiano nostro contemporaneo. Altrettanto speciale è Michela Martini, che regala al pubblico un catalogo di splendide regine, giocando sulle variazioni vocali. Agile e persuasivo risulta lOrlando maschile di Massimo di Michele, che assorbe la delicatezza femminile persino nella parte di un commesso.
|
|