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Il senso della lira

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 12/02/2009  

Fra qualche giorno comincia quella San Baracconata che passa sotto il nome beatificante di Sanremo. E, come tutti gli anni, ci impegniamo a non vederla e invitiamo i nostri amici a non farlo.

Mica per niente: per fare cose più carine, in quella settimana. La scelta, amici,  è vasta: andare a cena, al cinema, dedicarsi alla moglie o al marito o assimilabili, stare coi figli, leggere un libro, bere un buon vino (beh, magari non tutte le sere a go-gò), farsi due passi se non piove (ma anche se diluvia è sempre meglio), telefonare a qualcuno, cercarsi una bella pupa o un bel pupo (magari non di plastica, via), dedicarsi con metodo all’antica attività del vizio solitario (nel caso che la ricerca di cui sopra si rivelasse infruttuosa, plastica compresa: non sarà granché, ma è sempre meglio di Sanremo), chattare, stare su Facebook, giocare a tombola, a scacchi, a briscola, guardare le stelle, discutere di calcio con familiari amici & C., dormire presto la sera, dire il rosario (si veda sopra a proposito del vizio solitario: a chi piace…), cullare il gatto di casa o il cagnolino, farsi una bella gita, sentire musica (vera), noleggiare sei o sette dvd, scrivere le vostre memorie o che so io. Vedete quante cose si possono fare in una settimana piuttosto che vedere quattro sfiatati a Sanremo?

E sì che da due mesi ci rintronano da tutte le parti. Di Sanremo dicemmo una volta che siamo pronti a fare una scommessa: che se un anno non lo facessero e non lo dicessero, nessuno se ne accorgerebbe. Perché insomma, alzi la mano – così lo portiamo alla Neuro – chi sente il bisogno di Sanremo. Quest’anno, poi, sono andati giù anche pesante, tanto per fare un po’ di polverone mediatico: per esempio rivelando che un tale di cui non ricordiamo il nome (abbiamo cose più serie da ricordare, se permettete) canterà una canzone su un suo amico che era gay, ma poi è guarito e ora sta con una donna (parole-chiave: “Luca era gay ma ora ama lei”, dove si noti almeno l’arditezza della rima). Che potrebbe dare la stura a parodie, altro che polemiche che non fanno altro che portare acqua a quel mulinaccio: che ne so?, “Luca era scemo e guardava Sanremo” – e poi è guarito, grazie al cielo. Questa dell’omosessualità intesa come il morbillo, cioè una malattia da cui si guarisce, è forte davvero. Cosa non si farebbe per la lira, ragazzi.

Ma la cosa più strepitosa non è questa (che è solo una volgarità da paese arretrato). È che quest’anno si inaugura la pax televisiva, e che c’è Bonolis direttamente da Mediaset, e anche Maria De Filippi. Così, visto che sono anni che gli ascolti precipitano, almeno si spera (cioè: loro sperano) che la concorrenza stia buona e non infierisca. Siamo, insomma, al Pensiero Unico, almeno televisivo (e anche per il resto non è che andiamo meglio…). Altra ragione per non vederlo, naturalmente. Ma  c’è di più.

E cioè che Bonolis, che un tempo conduceva serioso Il senso della vita, si cucca per una settimana in Riviera un bel milioncino di euri. Però. Il quale Bon-per-luis, intervistato da una innocente bambina su GT Ragazzi, il pomeriggio su Rai Tre (ma cosa fanno vedere ai bambini, dio santo!), ha risposto: “In realtà questo è il mercato. Io però lavoro per un anno al Festival anche come direttore artistico”.

Che è un’affermazione che fa venire l’orticaria, ma che merita qualche chiosa, che la bambina non ha fatto – né poteva, poverina. Lasciamo perdere, per pura pietas e per il rispetto che abbiamo per chi lavora sul serio, la storia del direttore artistico (sic!) che lavora “un anno” (cavolo! e per mettere insieme quella roba lì?). Stiamo alla sintesi: questa del mercato è una di quelle storielle standard che questi poveri di spirito hanno sempre pronta sulla punta della lingua quando non sanno che cavolo dire. Il mercato, invece, è una cosa seria, che per esserci implica almeno il fatto – conditio sine qua non – che ci sia una concorrenza. Ad esempio: Hiddink, cioè il più grande allenatore di calcio del mondo (altro che Mourinho), va per poche settimane al Chelsea, rimasto senza allenatore. Concorrenza totale: immaginate quanti ci sarebbero andati di corsa. Quanto si bécca? Due milioni. Questo non ci indigna, e non solo perché glieli dà il proprietario del Chelsea e non noi con il canone Rai. Perché il Chelsea è una grande squadra, che gioca in Inghilterra e in Europa, e che se perde si vede sfilare dalle mani una montagna di soldi, altro che due milioni.

Ma Sanremo, Italia? Siamo per caso a Hollywood? Siamo in una competizione europea? C’è una concorrenza? C’è un allenatore (Bonolis) che altrimenti andrebbe alla BBC? Neanche per idea. E allora che cavolo c’entra il mercato?

Non ci prenda per il culo, Bonolis, e non approfitti della ingenuità dei pargoli. Lei ha un notevole senso della lira, altroché.  







Sanremo

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