Il trecentenario della nascita di Goldoni, festeggiato nel 2007, è stato loccasione, per il Teatro Carcano di Milano, di produrre, insieme a numerose altre istituzioni veneziane e venete, Sior Todero Brontolon, commedia del 1762, scritta da Carlo Goldoni pochi mesi prima di partire definitivamente per Parigi. Al timone del progetto Giulio Bosetti, un grande vecchio del teatro italiano (classe 1930), che tiene dal 1997 le redini artistiche del Teatro Carcano di Milano e che, in questo allestimento, veste i panni dellanziano protagonista.
La regia è affidata a Giuseppe Emiliani che sceglie un allestimento molto classico e che, assecondando il testo, mira a confermare ed evidenziare, ad esempio nella scenografia, le note letture interpretative della vicenda. Goldoni, ed Emiliani con lui, porta in scena una borghesia che ormai non ricopre più il ruolo di traino della società veneziana che aveva avuto fino a qualche decennio prima. Emblema di una classe sociale che non incarna più i valori positivi di una volta è Sior Todero definito, dal drammaturgo stesso, “mercante vecchio”. La vecchiaia, e un passato lontano di mercatura, sono i tratti distintivi del personaggio, reso simpatico al pubblico grazie alla sua cieca avarizia e alla sua disposizione danimo pessimistica (brontolon appunto).
Marina Bonfigli e Giulio Bosetti. Foto di Angelo Redaelli
Sior Todero nella vivace commedia tenta ostinatamente di opporsi ai maneggi dellastuta nuora Marcolina (Nora Fuser) per risparmiare sulla dote dovuta alla nipote, promessa dalla madre in sposa ad un bel giovane veneziano di belle speranze. Sullo sfondo gustosi personaggi a fare da contorno alla vicenda: Pellegrin (Francesco Migliaccio), figlio di Todero e insipido marito di Marcolina; la mezzana Siora Fortunata (Marina Bonfigli), alter ego di Marcolina; la coppia di promessi sposi Meneghetto e Zanetta (Tommaso Amadio e Federica Castellini), e la immancabile coppia, a loro corrispondente, di giovani servi innamorati, Nicoletto e Cecilia (Umberto Terruso e Sandra Franzo). Scontato il lieto fine che accontenta tutti i personaggi, anche lavaro Sior Todero.
La scenografia di Nicola Rubertelli chiude Sior Todero al centro della scena in una oscura stanza circolare che, aprendosi, enfatizza lapparizione del personaggio. Lo spazio che abita Todero, il suo studio, è quasi una prigione claustrofobica in cui il protagonista si è volontariamente rinchiuso, lasciando fuori tutto il resto. Fuori è il mondo moderno di una Venezia che non ha più lo slancio culturale ed economico dei traffici doltremare; fuori è il mondo dei giovani che Todero non riesce a comprendere e che, forse, rimpiange; fuori è il mondo degli affetti verso un figlio, e una nuora, di cui il vecchio mercante non si è mai fidato.
I panni di Sior Todero calzano a pennello a Giulio Bosetti, forse grazie anche alletà. Lattore, sbiancato in volto, ricurvo ma tenace riesce a gestire perfettamente gli equilibri della scena e ricama la sua recitazione con piccoli gesti che colpiscono il pubblico. Forse, in alcune scene, la comprensione del difficile dialetto veneziano è ostacolata da una voce che non ha più la veemenza di un tempo; inoltre la collocazione del personaggio nella stanza circolare al centro e sul fondo della scena, non aiuta a far arrivare al pubblico una voce limpida. Lallestimento si avvale di un cast deccellenza. La vivacità di Marcolina, che passa anche dalla gestualità irrequieta dellinterpretazione di Nora Fuser, fa da perfetto contraltare allinazione di Pellegrin, messa in campo da Francesco Migliaccio. Marina Bonfigli è una misurata Siora Fortunata. Anche i giovani, tra cui segnaliamo Sonia Franzo, nei panni della servetta Cecilia, danno prove soddisfacenti.
Ma lo spettacolo non riesce a godere dello slancio creativo che meritebbe. Un cast di attori così eccellente avrebbe meritato qualche tocco di novità che non si risolvesse solo nella scenografia che, peraltro in alcuni passaggi, per dar risalto al protagonista, non dà abbastanza spazio agli altri attori. Lo spettacolo è buono ma a sipario chiuso resta la sensazione di un compitino svolto con riduttiva diligenza.
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