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Cristo e Pilato

di Mariagiovanna Grifi
  Glauco Mauri in una scena
Data di pubblicazione su web 24/11/2008  

Esponente della drammaturgia francese contemporanea Eric-Emmanuel Schmitt, professore di filosofia e autore di saggi e romanzi, ha iniziato la sua produzione teatrale nel 1991 e nel giro di pochi anni i suoi testi sono stati tradotti in ben quindici lingue e rappresentati in tutta Europa. Due sue opere sono diventate film: nel 2000 Le libertin con la regia di Gabriel Aghion dal testo teatrale omonimo (messo in scena, tra l’altro, da Ottavia Piccolo con la regia di Sergio Fantoni nel 2001) e nel 2003 Monsier Ibrahim e i fiori del Corano di Francois Dupeyron con Omar Sharif, tratto da un suo romanzo. La prima messinscena italiana risale al 1995 con Il visitatore, regia di Antonio Calenda, interpretato da Turi Ferro e Kim Rossi Stuart.

Il romanzo Il Vangelo secondo Pilato del 2004 ripropone la storia di Gesù secondo una prospettiva alternativa, più vicina a quella dei Vangeli apocrifi: viene evidenziata maggiormente l’umanità del personaggio, da cui deriva un’indagine soprattutto psicologica. Dopo il successo editoriale del romanzo fu lo stesso Schmitt a ricavarne una versione teatrale intitolata Mes Évangiles dividendola in due parti: una vede Gesù sul monte degli Ulivi poco prima del suo arresto, l’altra è ambientata nella camera di Pilato durante la sua “caccia al cadavere” in seguito alla resurrezione.

 

Glauco Mauri in una scena
Glauco Mauri in una scena


Già cimentatosi nel testo Variazioni enigmatiche dello stesso autore nel 2001, Glauco Mauri firma la regia de Il Vangelo secondo Pilato, avvalendosi della traduzione di Stefania Micheli. Gesù e Pilato, interpretati rispettivamente da Mauri e da Roberto Sturno, sono accomunati dal dubbio e dalla paura. Nella prima parte Gesù ripercorre le tappe della sua vita sin dall’infanzia, incerto sulla sua natura divina e spaventato di fronte alla morte a cui è destinato. Rispetto alle narrazioni del Nuovo Testamento, gli eventi vengono trattati alla luce della sua fragilità e i segni che ai più sembrano avvalorare la sua condizione di “eletto” allo stesso Gesù appaiono invece casi fortuiti, malintesi o addirittura inganni macchinati da altri. Ma di fronte alla fiducia che tutti ripongono in lui, decide di scommettere sulla sua essenza divina, ricordando il concetto di fede caro al filosofo Kierkegaard secondo cui scegliere di credere significa accettare ciò che è incomprensibile e indimostrabile, mettersi nelle mani di Dio. Nella seconda parte Pilato è angosciato dagli eventi misteriosi che si susseguono e che mettono a dura prova la sua ragione, lotta per trovare un nesso logico alla vicenda attraverso il confronto con il suo scriba Sesto (Marco Blanchi). In realtà il Prefetto, tramite l’indagine sul “caso Gesù”, fa i conti con la sua coscienza e scopre un nuovo modo di vedere e affrontare la realtà: rinuncia a capire l’irrazionale e vive il resto della vita – come gli ha insegnato il Messia – vicino alla moglie e lontano dalla politica.

Roberto Sturno e Marco Blanchi in una scena
Roberto Sturno e Marco Blanchi in una scena


L’opera affronta una tematica filosofico-religiosa che tocca il pensiero dello spettatore ma pare lasciare da parte le emozioni. Contrariamente a quello che lo stesso Mauri cerca di raggiungere quando dichiara: «mai come in questo spettacolo l’impegno di noi attori non è tanto rendere più o meno felicemente l’interpretazione del personaggio, ma far fiorire poeticamente una storia che, per chi crede come per chi non crede, ha comunque sconvolto e illuminato la storia dell’umanità». Un impianto scenografico simile (di Mauro Carosi) caratterizza i due tempi, ma se nel primo prevalgono la semplicità di Gesù e i colori chiari e tenui simbolo di un’anima volta all’amore, nel secondo i drappi rosso acceso e la struttura della camera con vari scalini ripropongono all’esterno la confusione della mente di Pilato e simbolizzano l’intricata ricerca di una assoluta logicità. Ed infatti proprio la caduta del drappo implica il cambiamento avvenuto nel personaggio: indica non solo l’accettazione della caduta delle certezze, ma l’avvenuto abbandono di tutte quelle barriere e costruzioni ideologiche con cui la razionalità limita la libertà umana.

Così i costumi di Odette Nicoletti hanno lo scopo di ricoprire i personaggi della “loro seconda pelle” senza pretenziosi ghirigori, pochi elementi che ne rivelano la personalità e il ruolo che rivestono nella storia: una casacca di un colore grigio chiaro per Gesù, una tunica nera in pelle con “aggressivi” stivali fin sopra il ginocchio per Pilato. Le musiche composte da Gennaro Mazzocchetti, in simbiosi con i cambi di luce, accompagnano in modo sobrio e non invadente i due diversi momenti della storia.




Il Vangelo secondo Pilato
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