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«Il luogo che mette le ali ai sogni»

di Luigi Nepi
  Un fotogramma del film
Data di pubblicazione su web 31/08/2008  

«Il luogo che mette le ali ai sogni» è la frase che Melania Mazzucco ha voluto inserire in epigrafe al libro da cui è tratto il film di Ferzan Özpetek: il luogo a cui si fa riferimento è la famiglia e l’autore della frase è nientemeno che George W. Bush. Anche se nessuno, compreso il regista, si avventura in dichiarazioni su questo tema, probabilmente è proprio la critica alla cosiddetta “famiglia naturale” e alle perverse dinamiche che spesso si vengono a creare all’interno di essa, la parte più interessante di questo film. Statistiche alla mano, infatti, la stragrande maggioranza dei delitti e delle violenze avvengono in famiglia o ad opera di familiari.

L’inizio del film è promettente: un bel piano-sequenza che, partendo dal respiro regolare del bambino, mostra tutta la casa di una coppia, Antonio ed Emma, durante la notte, nel momento di massima serenità e silenzio, andando a cercare ogni singolo componente della famiglia nella pace del suo sonno. Tutti tranne Emma, ed è proprio sui suoi occhi sbarrati che la ripresa si chiude in un nero davvero profondo. Dopo questo attacco, che risulterà essere totalmente decontestualizzato, il film si smarrisce quasi subito. Özpetek, volendo recuperare l’incipit del libro, ci presenta l’intervento della polizia dopo che la vicina aveva sentito degli spari provenienti dall’appartamento accanto, e, prima che i poliziotti entrino nella casa, arriva il flashback di ventiquattro ore per raccontare quel giorno perfetto nella vita, un po’ artificiosamente intrecciata, delle famiglie di Antonio (Valerio Mastandrea), poliziotto che fa parte di una scorta, e Elio Fioravanti (Valerio Binasco), il politico scortato. Lavorando con l’accetta, gli sceneggiatori (Stefano Rulli e lo stesso Özpetek) riducono e modificano le storie contenute nel libro della Mazzucco, cambiando anche qualche personaggio (è già montata la polemica sulla sostituzione del professore gay con l’ambigua professoressa Mara, interpretata da Monica Guerritore) e questo porta qualche evidente scompenso di tipo narrativo. Antonio ed Emma sono due coniugi separati da circa un anno, dopo una relazione burrascosa e violenta, Elio Fioravanti è un politico inquisito, sposato con Maja, una donna giovane e bella (Nicole Grimaudo), con una figlia piccola ed un figlio ventenne (Aris, Federico Costantini) avuto dalla prima moglie, morta suicida in seguito ad una crisi depressiva.

Özpetek non sembra trovare la misura giusta in un racconto e in un intreccio non suoi. Infarcisce (più del dovuto) il film di ripetitivi primi piani e non riesce a evitare determinati clichés , come il rituale «Sto bene, adesso sto bene», che il depresso Antonio ripete alla moglie per convincerla a tornare con lui o la ripresa convulsa durante il tentativo di stupro che, prevedibilmente, segue questa dichiarazione. Ma soprattutto lascia cadere nel vuoto i destini di tutti i personaggi che sopravvivono a questa storia: che fine farà Maja? Aris andrà davvero a Barcellona? Con chi si doveva incontrare Mara? Mentre rimane un mistero il senso della figura del politico inquisito e bigotto che, alla fine, abbandonato dal “Presidente” al suo destino, piange come un bambino senza accorgersi che la sua bambina lo sta guardando.

A questo vanno aggiunti anche alcuni limiti nell’interpretazione degli attori: Mastandrea non è molto credibile nel ruolo di padre violento, stupratore e infine omicida; Isabella Ferrari rischia di farsi ingabbiare nei ruoli di donna problematica e sessualmente inquieta (Caos calmo, Saturno contro, Amami!), tanto che la sua tipica andatura su tacchi sempre più alti e la fissità dei suoi primi piani, su uno dei quali si chiude il film, stanno scivolando, pericolosamente, verso la caratterizzazione. Una prova convincente è, invece, fornita da Valerio Binasco, che si ritrova molto a suo agio in un ruolo da perdente piagnone dopo Texas. La parte migliore del film, come spesso accade in questi casi, la sostengono, comunque, i bambini, soprattutto Gabriele Paolino che interpreta Kevin, il figlio di Antonio ed Emma, ed è davvero divertente nella parte del bambino paffutello e un po’ imbranato.







Un giorno perfetto
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