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Una vivace commistione di generi

Assunta Petrosillo
  Una scena dello spettacolo
Data di pubblicazione su web 04/07/2008  
Il maestro Roberto de Simone mette in scena al Teatro Mercadante di Napoli, per il Napoli Teatro Festival Italia, il suo nuovo spettacolo Lo Vommaro a duello che nasce dalla fusione della commedia di Pasquale Starace Lo Vommaro del 1742 e da Il duello comico, farsa in musica di Giovanni Paisiello del 1774. Musicologo, drammaturgo, etnomusicologo, compositore e regista di fama internazionale, Roberto de Simone, dopo la sua storica Gatta cenerentola, ha più recentemente portato in scema spettacoli di successo come L’opera buffa del giovedì santoMasaniello, La cantata dei pastori,  la Festa di Piedigrotta e Il re bello.




Il maestro ritorna a Napoli, nella sua città, dopo dieci anni, nella manifestazione voluta da quell’ambiente che l’aveva detronizzato ed esiliato, offrendo un’opera d’altri tempi. Lo spettacolo si articola su due piani interconnessi tra loro dalla sperimentazione linguistica e musicale: da un lato la lingua napoletana barocca e vernacolare, dall’altro la lingua musicale ricca e raffinata. La commistione delle due opere fuse l’una nell’altra che sostituisce i recitativi dell’opera comica con le scene recitate della commedia di prosa, e le musiche della commedia di prosa nei grandi concertati dell’opera di Paisiello, rende lo spettacolo singolare e vivace e fonde insieme le due compagnie di canto e di prosa.

In scena, con l’orchestra in buca diretta dal maestro Renato Piemontese, musici, attori, cantanti di eccezionale bravura. In un’ambientazione giocata sui toni del bianco, che diventa popolare e borghese, le perzune della commedia e i personaggi dell’opera mettono in scena il settecento napoletano. La storia è un intreccio giocato su diversi corteggiamenti di Rina, Fenizia e Dianella. Assistiamo da una parte alle vicende di Rina la lavandaia (Renata Fusco) della quale è innamorato Ceccone il taverniere (Paolo Romano), ostacolata da altri due pretendenti, il giovane Titta en travesti (Fiorenza Calogero) e suo padre don Addenzio (Ciro Damiano); dall’altra al corteggiamento per interesse dell’avvocato Trebuzio (Franco Javarone) prima a favore di Dianella (Antonella Morea) e poi di Fenizia (Angela Pagano) madre di Rina. Un intreccio giocato dagli attori con maestria e professionalità tanto da creare da subito una forte empatia con gli spettatori che seguono l’azione con interesse crescente.




Il racconto è inframmezzato da inserti cantati, dove i musici sono impreziositi in ricercati e mirabili costumi argentei, alla Callot, disegnati dal tratto raffinato di Zaira de Vincentiis, pervasi da una luce fredda ma tenue che ferma il tempo e trasmigra in sogno. La musica popolare si riconosce nella tammuriata che si conclude con la tipica mossa napoletana. Particolare e malinconica la ninna nanna a cappella intonata da una convincente Angela Pagano che quasi come in un presepe napoletano, culla il bambino appena nato, e rientra in casa seguita dagli altri attori come in processione. Interessante la presenza in partitura di una serie di starnuti che provocano ilarità riconducendoci al terzetto Ma dov’eri tu stordito de Il barbiere di Siviglia ovvero la precauzione inutile dello stesso Paisiello, che aveva inserito uno sbadiglio e uno starnuto, con risultati comici e movenze buffe. Uno spettacolo contraddistinto dall’originalità e dalla sapienza di un gran maestro. Un pubblico estasiato acclama, in piedi, il suo maestro e la sua opera.




Lo Vommaro a duello
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