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Progresso: effetti collaterali

di Giulia Tellini
  Macchine
Data di pubblicazione su web 23/04/2008  

Prodotto dalla Compagnia Giardino Chiuso di San Gimignano (fondata nel 1998), Macchine, spettacolo di teatro-danza, o meglio di teatro-narrazione-danza, nasce dalla collaborazione con lo scrittore Sebastiano Vassalli (che ne firma il testo) e anche con il Mart (Museo di Arte Moderna e Contemporanea) di Trento e Rovereto.

Buio in sala. Scenografia assente. Sulle tre pareti che incorniciano la scena sono i video del videoartista Andrea Montagnani: immagini di scarpe riprese dall'alto nell'atto di pigiare acceleratore e freno, soggettive di automobilisti che sfrecciano per strada chiusi dentro le loro macchine. Una voce-off recita Ciao Kafka, pagina che introduce la prima parte della Morte di Marx e altri racconti (Einaudi, 2006), un libro in cui Vassalli riflette sulla fine della modernità e si sofferma a parlare del presente: mentre la modernità inizia nel Settecento, significa progresso e domina incontrastata per tutto l'Ottocento e il Novecento, la nostra epoca, che è appunto "postmoderna", è caratterizzata dal fatto che i costi del progresso cominciano a superare i guadagni. «In ogni aspetto della vita - disse Vassalli in un'intervista rilasciata dopo l'uscita del volume - il progresso ha dei costi, e tutto questo comincia ad assumere le forme di un vero e proprio "conto" che stiamo pagando e pagheremo sempre di più». La prima parte della Morte di Marx, formata da sette storie, racconta nascite, vite e morti di vari «uomini-automobilisti» e, partendo dalle Metamorfosi (1912) di Kafka, che parlano di un individuo che si ritrova trasformato in uno scarafaggio, osserva, da un punto di vista antropologico, la mutazione dell'«uomo» in «automobilista». L'automobile, infatti, secondo lo scrittore, non ha cambiato solo la vita degli esseri umani ma anche gli esseri umani stessi. «Prima venne la ruota. - inizia Ciao Kafka - Con la ruota si fece il carro. […] Dal carro, venne la carrozza; dalla carrozza venne l'automobile, e con l'automobile la nostra storia si fa più complicata, perché alle trasformazioni dell'involucro incominciano a corrispondere le trasformazioni di ciò che sta dentro all'involucro, come il mollusco sta dentro alla conchiglia. L'uomo diventa automobilista: e non è una metamorfosi semplice né indolore». Il protagonista delle Metamorfosi, Gregorio Samsa, una mattina si sveglia e scopre di essere diventato un enorme insetto, pieno di zampe: «Gregorio Samsa è un automobilista abortito e imperfetto. Entro pochi anni, le sue zampe diventeranno ruote e la trasformazione sarà completa, includendo anche la sfera psichica del soggetto».

Sui pattini - la scena buia con un'isoletta di luce nel mezzo - entra poi in scena la danzatrice Patrizia de Bari: simula gli incerti movimenti di un bambino che sta imparando piano piano a camminare. Camminare, però, muovendosi su otto ruote. Ruote che sono come naturali appendici organiche. Il mutamento dell'essere umano in automobilista è avvenuto: adesso è come un mollusco semovente e può iniziare, dopo la regolare nascita e i primi passi, ad avere delle storie. La prima storia - detta più che recitata da Fulvio Cauteruccio e dalla De Bari - è quella che nel libro si intitola Diesel o benzina: si tratta della tragicomica vicenda di un camionista pugliese (detto "Autoarticolato") che, durante un mostruoso ingorgo autostradale, una temperatura di 44° nelle macchine prive di aria condizionata, fa salire a bordo la ricca moglie di un industriale (da lui soprannominata Mercedes per via dell'auto che guida) e i due finiscono col divenire amanti.

Ingombro di macchinine colorate per tutto il tempo in cui viene illustrata la storia di Autoarticolato e Mercedes, lo spazio scenico viene liberato e, poco dopo, si ritrova di nuovo immerso nel buio per agevolare agli spettatori, nel silenzio più completo, l'ascolto del secondo (e questa volta tragico) apologo della serata: Il soldatino di piombo. A narrarlo, mentre Cauteruccio è alla ribalta seduto su una sedia a rotelle simulando un evidente stato di confusione mentale, è la sua voce-off. In passato, l'uomo che ora è sulla sedia a rotelle è stato involontario responsabile di un doppio omicidio: da allora, vive recluso in una prigione di depressione e follia. Al centro della sua storia è ancora una volta una macchina. Macchina che qui è veicolo di morte, di pazzia, di disumanizzazione.

Dopo la storia tragicomica della relazione fra due automobilisti ancora giovani, e quella tragico-fantascientifica sul lento declino di un uomo che ha perso la voglia di vivere e la ragione a causa di una macchina, non tarda ad arrivare il momento di quella tragico-sentimentale che vede, come protagonista, una coppia di mezza età: si tratta degli Amanti, terzo racconto della Morte di Marx. Seduto sul retro della sedia a rotelle, che ha debitamente provveduto a capovolgere, Cauteruccio lo legge sullo schermo di un computer portatile (un'altra macchina…): proiettato sulla parete è il video del ventre pulsante di un'auto. Come costante sottofondo alla lettura, si sente il rumore di un motore che viene messo in moto, e sembra quasi di sentire l'odore forte della benzina. In macchina si fa l'amore, si nasce, si vive e si muore. La macchina è uno status symbol, una carta d'identità, ma anche un potenziale ordigno, un agglomerato di fuoco, ferro e benzina che può saltare in aria da un momento all'altro. Ed è, infine, un'amica, una complice silenziosa, un posto dove sentirsi protetti e al sicuro, un nido d'amore ambulante, un rifugio, un'estensione di se stessi, un microcosmo che vive in simbiosi con chi lo abita e che gli assomiglia, uno strumento di amore e morte, un giaciglio alle soglie della clandestinità dove poter dare vita e dove poter anche toglierla e togliersela.

Snodata, flessuosa, pallida e nerovestita come una sposa in lutto, la De Bari, dopo aver mostrato i primi passi dell'uomo-automobilista, ne raffigura anche gli ultimi singhiozzanti e scattosi sussulti vitali, muovendosi a metà strada fra un sinuoso animale ferito e un motore troppo vecchio che non vuole più funzionare. Alla fine, di fronte agli occhi degli spettatori, e anche di Cauteruccio e della De Bari che si sono seduti per terra dando le spalle al pubblico, scorrono le immagini di automobili in forma di cadaveri, condotte, sfasciate, compresse e sepolte in uno dei loro cimiteri. Dopo la nascita, scrive Vassalli, «l'automobilista […] incomincerà a correre incanalato nel traffico, detto vita, […]: finché la sua automobile (il suo guscio) diventerà un cubo di metallo nella pressa di uno sfasciacarrozze, e verrà fusa per creare nuovi modelli di automobili, com'è necessario che avvenga. Polvere alla polvere, progresso al progresso, soldi (e vita) ai soldi».

Ora trionfo di burinità, ora piombificato e la mente persa in un autistico nulla, ora lettore distaccato e sensibile (mente fredda cuore caldo!) dello struggente Amanti, ora grottesco ora misurato e pieno di discrezione, Cauteruccio valorizza all'ennesima potenza sia i testi di Vassalli, sia il proprio talento, che, mai esibito eppure elargito con estrema generosità, sembra sempre da lui nascosto dietro la volontà di essere al servizio della parola, di trasmettere un contenuto e di catturare gli spettatori sul piano emozionale più che su quello intellettuale. Al suo fianco, presenza che è per lo più silenziosa e affida i propri messaggi soprattutto a eleganti partiture gestuali, è la De Bari, ideatrice oltre che realizzatrice delle proprie intense coreografie.

Dopo cinquanta minuti di alienanti video di Montagnani, rumore di motori messi in moto e storie di ordinaria follia automobilistica (paradossale la prima, agghiacciante la seconda, dolceamara d'amore e morte la terza e ultima), chi scrive (che a otto anni scrisse una poesia dove paragonava il mal di macchina, e quindi le macchine in generale, a cappi per impiccarsi e che ora è munita di patente ma priva d'auto), per tornare a Firenze dal Teatro Studio di Scandicci dove lo spettacolo era in scena, ha preso un taxi e, vittima di un tassista che stava dentro il proprio mezzo come un mollusco semovente e feroce nel guscio e pareva non curarsi del resto del mondo (lei inclusa), a casa ha portato alle estreme conseguenze gli effetti di un mal d'auto che in lei - fin dalla più tenera età e quindi molto prima di assistere allo spettacolo - ha assunto più che altro la valenza di una vera e propria allergia. Chi soffre della sua stessa patologia potrà riuscire a sopravvivere nell'Era dell'homo-automobilista?



Macchine
cast cast & credits
 

 


 

Patrizia de Bari
Patrizia de Bari

 

 

 


 

Fulvio Cauteruccio
Fulvio Cauteruccio



 

 
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