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Rappresentanti e rappresentati

di Siro Ferrone
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Data di pubblicazione su web 21/04/2008  
Il Parlamento è una “rappresentazione”: rappresenta infatti le italiane e gli italiani che scelgono gli “attori” della loro volontà attraverso il voto. Dunque non è improprio che ce ne occupiamo qui. Potremmo continuare col dire che la legge dello stato è il copione che i nostri rappresentanti sono chiamati a interpretare, ma non vorremmo essere troppo sofistici.

Vediamo, semplicemente, cosa rappresentano i nuovi attori della politica. Almeno dal punto di vista quantitativo, si può. Il Popolo delle Libertà rappresenta quello che rappresentava, più o meno. La Lega Nord rappresenta più di quello che rappresentava ieri. Il centrosinistra ha raccolto una parte di quello che ha lasciato in eredità l’Unione. Il partito cattolico mi pare meno rappresentativo di sempre. Altri rappresentanti, qua e là, sono spariti. Tra questi, soprattutto, si fa notare, la sinistra estrema: non metterà più in scena niente nel nuovo Parlamento, anche se coloro che da questa erano un tempo rappresentati avranno pur delegato a qualche altro attore la loro parte, essendo accertato che nel frattempo non si sono suicidati.

Mi pare insomma che solo la Lega abbia un “ruolo” accresciuto. Rappresenta infatti una somma di scontenti che prima votavano per la sinistra pura e dura o per la destra estrema. Quel nucleo insomma di insoddisfatti, con punte di autentico furore o profondo fastidio, che è un tipico “primattore” del nostro paese. Questi, a destra, più spesso a sinistra, adesso nella Lega, sono capaci di dire soprattutto “no”, avendo cambiato casacca, ma anche sapendo che come loro non c’è nessuno. Non importa a questo cospicuo gruppo, irriducibile come l’umore, se l’Italia sia così o così: l’importante è affermare che a loro non va bene. E che Roma si arrangi o bruci.

È lo zoccolo duro dell’umore italico, che adesso giace al nord più che al sud, visto che con l’emigrazione interna (con buona pace degli intransigenti leghisti, assai duratura) gran parte dei meridionali si sono trasferiti – ripopolandolo – al nord. E non c’è più settario revanscista di colui che è stato da poco ammesso, ma non abbastanza, alla mensa del padrone. Come Arlecchino.




 
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