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Un romanzo in 29 scene

Chiara Bettinelli
  Mascia Musy in una scena dello spettacolo
Data di pubblicazione su web 10/04/2008  

Nekrosius, in una intervista rilasciata a Oliviero Ponte di Pino in occasione della presentazione in Italia di Amletas, dichiarò di essere interessato ad affrontare l’adattamento teatrale di un grande romanzo. Ha scelto di farlo mettendo in scena uno dei capolavori della narrativa di tutti i tempi: Anna Karenina di Tolstoj. Ad affrontare l’impresa, insieme al regista lituano, una produzione italiana – ERT con il Teatro Biondo di Palermo – e una formazione di giovani attori. Dunque non l’affiatato gruppo lituano Meno Fortas bensì, ripetendo l’esperienza del Gabbiano di Checov, una nuova formazione italiana capitanata da Mascia Musy nel ruolo di Anna e da Paolo Mazzarelli nel ruolo del conte Vrònskij. 

L’adattamento del romanzo, a cura di Tadeus Cizas, si articola su due linee drammaturgiche: si alternano le scene tra Anna e Vrònskij (l’amore che porta alla morte) e le scene tra Kitty e Lévin (l’amore che determina un dramma di maturazione). Il tutto legato da un personaggio, il Destino, che, come un maratoneta, attraversa varie scene dello spettacolo. Nekrosius ha brillantemente risolto la monumentale complessità del romanzo costruendo lo spettacolo sulla giustapposizione di ventinove scene, slegate l’una dall’altra, che vanno a comporre uno spettacolo di ben 4 ore e mezzo che, pur nella sua innegabile lunghezza, non risulta mai noioso.

La scenografia, creata dal figlio del regista, è un fondale scuro con due porte sul fondo, dietro le quali si intravedono due scale. Sulla piazza su cui si aprono le due porte si alternano i quadri, caratterizzati da sorprendenti creazioni visuali che stimolano la curiosità e l’immaginazione dello spettatore: tamburi giganti che si trasformano in orologi o in ruote di treno, pattini da ghiaccio usati come strumenti musicali, nastri, specchi, occhiali a evocare il mondo del romanzo.

Memorabili alcuni quadri, soprattutto quelli che mettono in scena le grandi svolte del romanzo. Nella scena seconda, l’incontro tra Kitty (una spumeggiante Corinne Castelli) e Lévin (Paolo Pierobon) alla pista di pattinaggio: le lame affilate dei pattini da ghiaccio, tra le mani dei genitori della fanciulla, si fanno sottofondo musicale di una danza che comunica tutta la gioia dei due giovani.

L’emblema della passione è la scena nona in cui il regista mette in scena le schermaglie amorose pietroburghesi di Anna e Vrònskij: l’attrice si raccoglie su di sé, quasi in un bozzolo, e viene passata acrobaticamente da un braccio all’altro di Vrònskij e su tutto il corpo dell’innamorato. Strappa un sorriso al pubblico il quadro del faticoso parto di Kitty, scena venticinquesima, in cui un imbarazzato Levin non sa a quale altezza tagliare al figlio il lunghissimo cordone ombelicale che attraversa tutta la scena, mentre la famiglia esulta in una scena corale di grande impatto visivo.

Geniale l’ultima scena in cui una disorientata Anna, alla stazione, viene accolta tra i due fari cuciti all’interno di un enorme cappotto, indossato dall’uomo del treno (Nicola Cavalleri). «Signore perdonami tutto» sono le ultime parole di una affaticata Mascia Musy che sigillano la vita di Anna e lo spettacolo di Nekrosius. Il regista lituano, con questo allestimento di grande espressività corporea, ha senz’altro vinto la sfida con il romanzo, sapientemente ridotto alla sua essenza.

Se la regia e l’adattamento drammaturgico paiono convincenti, si resta invece piuttosto delusi dalla prova della compagnia di giovani attori italiani. Si tratta di un gruppo scritturato appositamente per questo spettacolo e che non ha quindi carattere di stabilità, diversamente dalla compagnia di Vilnius con cui il regista lavora abitualmente. Nonostante l’evidente impegno e lo sforzo profuso in scena, gli attori non sempre riescono a dar vita alla passione di cui sono intrisi i personaggi. Tentano di farne emergere l’intimità giocando più sull’espressione corporea che su quella verbale, ricorrendo ad una recitazione che finisce per essere inutilmente espressionistica.

La sproporzione dei risultati raggiunti da Nekrosius nell’impianto dello spettacolo e nella direzione degli attori è probabilmente da imputare alla distanza linguistica tra il regista lituano e gli attori italiani che, nonostante gli sforzi, resta evidentemente incolmabile. Tra gli attori resta comunque da segnalare, accanto all’instancabile Mascia Musy, un ottimo Paolo Pierobon, la cui interpretazione di Konstantin Lévin, alter ego di Lev Tolstoj nel romanzo, rende bene la complessa profondità del personaggio.





Anna Karenina
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