Per tutti quelli che cercano il cinema italiano di qualità, che sappia affrontare anche tematiche intime senza cedere ai lacrimevoli melodrammi alla Ozpetek, cè un film appena uscito, Nelle tue mani, firmato da un regista dallo strano nome italo-americano, Peter Del Monte, che non faceva un film da otto anni (Irina Irina è uscito nel 2000), e che grazie al coraggio della casa di distribuzione Teodora è arrivato nelle sale italiane.
La storia è semplicissima e potrebbe essere una delle tante vicende di difficoltà che si vivono quotidianamente in questa impazzita Italia di inizio secolo: due giovani, Teo (Marco Foschi), aspirante astrofisico e Mavi (Kasia Smutniak, è la stessa attrice che porta a spasso il cane in Caos calmo), fanciulla irrequieta che fa la commessa, si incontrano per caso, si cercano, si amano, si sposano, fanno una figlia e tra mille ristrettezze cercano di costruirsi un futuro stabile. Tutto entra però in crisi quando Teo, costretto a spostarsi frequentemente per motivi del lavoro, lascia sempre più spesso sole moglie e bambina. Lidillio iniziale volge perciò al peggio, verso le drammatiche conseguenze di un rapporto irrisolto.
Nelle tue mani non è certo lennesimo film sulla crisi di una coppia, naturalmente, ma prende la storia a pretesto per fare un complesso discorso sui rapporti umani contrastanti in quel nucleo sociale così tanto (maldestramente) difeso dalla nostra politica, la famiglia. Cè poco da stare allegri, sembra suggerirci Del Monte, se al di là delle genuine effusioni che fanno di questa storia damore un paradigma contemporaneo, si nasconde lorribile italica morale piccolo-borghese che tenta sempre di mettere tutto a tacere. Eh sì, perché se i famosi «bamboccioni» appena le cose vanno storte si rifugiano nelle rispettive famiglie, è qui che scoppia il dramma: i tempestosi rapporti di coppia (finalmente!) travolgono anche le falsità e le bugie che regolano i rapporti famigliari. Il perbenismo daccattoni che crea quellaura di protezione materna viene così sconfessato: crollano le convinzioni, religiose soprattutto (la famiglia di Teo è ebrea, quella del secondo figlio di Mavi è cattolica), e quello che ne esce fuori è la dolorosa constatazione di quanto oggi in questo paese sia difficile pensare il futuro e di quanto si sia soli contro tutti. Non è un caso che Del Monte abbia scelto una coppia qualunque, di una città qualunque, per raccontare la vicenda di quella che alla fine è una scoperta: se di precarietà si può parlare non è solo quella del lavoro (Teo e Mavi vanno avanti a stento con i loro stipendi e vivono in pochi metri quadri), ma quello del mondo che gira attorno a loro, da padri deboli o inesistenti a cinici ragazzetti di provincia, da madri troppo ingenue a colleghi ossessivi.
A dare volto e voce ai protagonisti due giovani attori in forte ascesa. Da una parte Marco Foschi, che continua a dividersi splendidamente tra teatro e cinema (lo avevamo visto in Fame chimica), che tratteggia con intelligenza il carattere di un personaggio, Teo, introverso, ma deciso, paziente, ma con improvvisi scatti dira; ecco finalmente un attore che riesce ad asciugare la propria interpretazione dai fronzoli e dai movimenti ossessivi della triade dei coetanei Germano-Scamarcio-Muccino, lasciando al personaggio una sua dimensione autonoma ed eterogenea. Dallaltra parte cè la Smutniak, piacevole rivelazione di questo inizio 2008, che riesce a trasmettere da ogni gesto, da ogni sguardo, da ogni intonazione di voce tutta linstabilità psico-fisica del personaggio: un caos interiore reso alla maniera dellActors Studio, attraverso brevi nevrotici accenti o scatti improvvisi dati in ogni scena ai movimenti e alle espressioni (soprattutto mimiche) di Mavi. Resta il mistero del perché ormai il cinema italiano debba rivolgersi per questi ruoli solo ormai ad attrici straniere (come nel caso di Tornatore ne La sconosciuta e di Ozpetek con la Bobulova).
Nelle tue mani è perciò tutto sommato un film degno di essere visto, discusso, promosso e non importa se poi non è un film perfetto (come hanno scritto molti critici), ma Del Monte non è (e non vorrebbe essere) Antonioni e in unItalia che si appresta a veder tornare il Caimano mi sembra davvero un difetto superfluo.
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