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La poesia della semplicità

di Riccardo Castellacci
  Persepolis
Data di pubblicazione su web 04/03/2008  
Persepolis è un cartone animato insolito e pregevole, che non lascia indifferenti. La forma è semplice ed efficace, risultato di un lavoro di sottrazione che raggiunge l’essenziale nel disegno bidimensionale, in una gamma di colori ridotta al contrasto tra bianco e nero. Il contenuto è complesso e articolato, una storia autobiografica che racchiude trent’anni di vita dell’autrice, Marjane Satrapi, quella della sua famiglia e di un paese, l’Iran. Su questo contrasto fra contenuto e forma, fra leggerezza del tratto e drammaticità degli eventi (e viceversa), si condensa una tensione che fa di Persepolis un’opera attraente, in cui il fantastico e il fiabesco convivono sullo sfondo di reali avvenimenti storici, di autentiche rivendicazioni sociali.

Il film di Marjane Satrapi, realizzato in collaborazione con Vincent Paronnaud, fumettista francese underground a cui è da addebitare parte della riuscita grafica del film, è la trasposizione cinematografica del fumetto dallo stesso titolo, creato dalla Satrapi nel 2000. Persepolis è stato il primo fumetto iraniano, per giunta creato da una donna, e questo dice molto del carattere anticonformista dell’autrice.

Persepolis
 
Il film prende avvio dall’aeroporto di Orly (Parigi), dove una donna adulta, Marjane, attende di salire sul volo per Teheran. Prima del chek-in estrae da una tasca lo chador e lo indossa, e per questo riceve lo sguardo sprezzante di una signora in tailleur col rossetto in mano. Ma Marjane non ha intenzione di prendere il volo. Si siede in sala d’attesa e ripensa alla sua vita. Il film si apre così, non senza una certa nostalgia, sui suoi ricordi, tutti in bianco e nero, che iniziano nel 1978 per concludersi nel 1990. Marjane è una bambina di otto anni alla vigilia della rivoluzione islamica in Iran. La sua è una famiglia colta e progressista: lo zio comunista è ucciso perché ritenuto un cospiratore politico. Molti amici e conoscenti dei genitori sono arrestati, torturati e uccisi. Marjane è una bambina che non accetta passivamente le consuetudini imperanti. Conosce il rock, compra al mercato nero – come si trattasse di droghe pericolose – i dischi dei Pink Floyd o degli Iron Maiden. Ma l’esplodere del conflitto Iraq-Iran e la parallela restrizione delle libertà, l’infervorasi dell’indottrinamento ideologico, soprattutto a scapito delle donne, consigliano i genitori di trasferire Marjane in una scuola francese a Vienna, quando è ancora una adolescente.

Marjane, diversamente da tutti i suoi parenti che vivono le sofferenze del conflitto, deve affrontare problemi molto diversi, ma non per questo trascurabili o inferiori: deve confrontarsi con un’altra cultura, deve affrontare i traumi della crescita, la perdita della verginità, la delusione del tradimento e dell’amore. È sola e non può contare sul conforto dei genitori, dei consigli pratici e rassicuranti della nonna.

Uno dei temi intorno a cui ruota Persepolis è il problema dell’assimilazione della cultura occidentale da parte di una iraniana. Per Marjane il viaggio a Vienna è allo stesso tempo una scommessa, un trauma e un processo di elaborazione della propria personalità. Rispetto ai propri compagni conosciuti nella scuola francese, fra cui un gruppo di anarchici punk, Marjane ha una profonda coscienza sociale e civile, una storia e una cultura che la rendono sempre diversa. Le feste, l’alcool, la marijuana, ma soprattutto l’amore, il sesso: Marjane scopre lontano dall’Iran un mondo nuovo e scopre se stessa attraverso una evoluzione che non può aggirare la sofferenza, la solitudine, l’incomprensione. Crescere è doloroso. A qualunque cultura si appartenga. In questo modo la storia di Persepolis recupera valenze più ampie e universali.


Persepolis
 
L’assimilazione culturale conduce Marjane alla perdita della propria identità, e ad uno stato di profonda frustrazione. Ma Marjane rimane fiera di essere iraniana. Quando ritorna a Teheran ben presto si rende conto che non può più sottostare al rigore della cultura islamica. Marjane in Iran non soffre solo per la costrizione del velo, per l’ipocrisia delle sue compagne che in privato si truccano come attrici hollywoodiane, per il divieto di bere alcool: quello che non può più tollerare è il maschilismo di una cultura, l’impossibilità della donna di scegliere. Il prezzo da pagare per la libertà è alto. Non è solo perdere la propria famiglia. È non avere più una patria. Non avere più una Itaca a cui fare ritorno. Diventare un’apolide.

Attraverso i suoi disegni, le sue figurine in bianco e nero, la Satrapi ci mostra un Iran che è molto più frastagliato e sfumato di quanto un occidentale possa ritenere a prima vista. Fra la vita reale della gente, condotta dietro le mura, sotto i veli neri, e l’ufficialità del paese esiste uno scarto, una differenza, una schizofrenia. Anche se Marjane Satrapi ha abbandonato l’Iran per stabilirsi in Francia non ha mai smesso di criticare ma anche di difendere il proprio paese, di spiegare agli europei, agli americani, che l’Iran non è un concetto astratto, che esistono contraddizioni e spiegazioni più complesse, che non si può liquidare un paese e la sua gente come appartenente all’ "asse del male".

Quando si ha una storia da raccontare la cosa migliore da fare è evitare inutili fronzoli, e prediligere la sobrietà. Persepolis non ricerca il virtuosismo grafico, le realtà virtuali dei film-videogame. È uno spettacolo di ombre cinesi, di figure semplici e fragili che ricordano le scenografie di cartapesta di Méliès. Anche grazie al supporto di una produzione come la Sony Picture Classic, è destinato a divenire un vero e proprio classico dell’animazione, un’opera che fa dell’accurata ricerca della semplicità il mezzo per raggiungere la poesia.

 


Persepolis
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Persepolis
 
 
 
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