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La città li segue 

di Laura Bevione
  Trilogia di Belgrado
Data di pubblicazione su web 25/02/2003  
La voglia di scappare e di allontanarsi dai luoghi in cui si è nati e cresciuti, per fuggire alla guerra ma anche a un'identità che non si è scelta e con la quale si è comunque costretti a confrontarsi. Questo il tema di fondo del dramma della giovane scrittrice serba Biljana Srbljanovic, messo in scena dall'altrettanto giovane compagnia diretta da Massimo Navone. Tre atti che sono altrettante incursioni nelle complicate, e per varie ragioni frustrate, esistenze di tre diversi gruppi di ragazzi emigrati da Belgrado allo scopo di evitarne l'incertezza politica e sociale e il clima di sotterranea violenza. Due fratelli trasferiti a Praga, due coppie volate a Sidney e tre amici negli Stati Uniti: in comune l'insoddisfazione e una nostalgia malamente soffocata.

Argomenti e sentimenti che potrebbero far presupporre allo spettatore toni drammatici e magari patetici; al contrario, la Srbljanovic opta per un linguaggio ricco e vitale e alla tragedia preferisce la commedia e il grottesco. Un'eccezione è la conclusione del terzo episodio che, tuttavia, pare più beffarda che realmente tragica. Il Capodanno vissuto lontano da Belgrado - la capitale jugoslava compare soltanto nel brevissimo epilogo ma incombe come un'ombra opprimente alla quale i protagonisti non riescono, e non possono, sfuggire - è il pretesto per verificare il successo di tre fughe, motivate ora dalla necessità di evitare il servizio militare, ora dalla ricerca di un effimero benessere, ora dall'insofferenza per il nazionalismo dominante.

La libertà conquistata allontanandosi da una patria che si riconosce come matrigna non dona però anche la sperata felicità e anzi relega nella solitudine e nell'insoddisfazione. Belgrado, il carico di odio e di violenza di cui la città è divenuta suo malgrado simbolo, è lo spettro con cui ciascuno dei personaggi è costretto a giungere a patti al fine di potere ricominciare una nuova esistenza: allo stesso modo, chiunque abbandoni il proprio luogo d'origine è obbligato a riconoscere quanto esso abbia concorso a plasmarne l'identità. L'autrice mostra, insomma, l'universalità di un'esperienza che la guerra ha reso più urgente e drammatica. Massimo Navone coglie ed enfatizza questa impostazione, chiedendo e ottenendo dai propri attori dei ritratti di giovani in cui è facile e quasi rassicurante identificarsi.


Trilogia di Belgrado
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