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Tv d’assise

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 22/12/2007  

Che la giustizia in questo Paese funzioni maluccio, vabbè ci siamo quasi abituati. Ma che debba essere supplita da Bruno Vespa e da Rai Uno ci sembra un po’ troppo.

 

Non è la prima volta, lo sappiamo, e non sarà l’ultima. Ma sarebbe il caso che qualcuno ai vertici (?) della Rai glielo dicesse chiaro: non se ne può più dei processi in televisione. Che non è una Corte d’Assise, perché non ha niente per esserlo. In questi ‘processi’ manca tutto per essere anche solo informati: non si conoscono i fatti se non per quello che ne hanno detto i giornali (capirai), che è sempre a dir poco contraddittorio. I presenti al dibattito (stavamo per dire al dibattimento) non sono al corrente di niente di più di quello che hanno letto o visto alla televisione (capirai, bis). Le supposizioni che si avanzano sono campate in aria. Le conclusioni, sia pure provvisorie, sono spesso risibili, quando ci sono. I ‘servizi’ che via via si mandano in onda sono fulminei e non fanno che ripetere, in altre forme, il già noto. Chi vede le due ore (e passa) di trasmissione alla fine ne sa meno di prima: fra sovrapposizioni di voci, qualche simil-litigata tanto per lo spettacolo (capirai che spettacolo, ter), notizie sparate come prove, pensose riflessioni degli esperti in studio che non sanno nulla di prima mano, va a letto a dir poco rintronato.

In altre parole: non c’è una ragione che giustifichi questa roba, se non acchiappare spettatori notturni giocando sull’effetto-guardone. Come dire: che sarà successo in quella casina di Perugia la notte famosa prima dello sgozzamento della ragazza inglese? (che ormai tutti chiamano Meredith come se l’avessero conosciuta: sfido chiunque a ricordarsi il cognome). E Rudy (anche qui solo il nome: è il ragazzo ivoriano che se l’era data a gambe in Germania) ha violentato Meredith? O ci ha fatto solo sesso? E come? C’è stata penetrazione? Oppure lei, dato che non aveva un preservativo,  gli ha solo sbottonato i pantaloni e gli ha (biiiip). Non è una nostra libera e spregiudicata invenzione: si è sentito proprio questo, alla lettera, nella ricostruzione dell’avvocato di Rudy. No comment: ma piatto ricco, ragazzi.

Perché lunedì 17, da Vespa, c’era un parterre de roi. Nell’ordine: Crepet col ciuffo (sempre più grigio, ahilui) e maglione a collo alto di prammatica, come se nello studio di Porta a porta  risparmiassero sul riscaldamento. Poi lo psichiatra Meluzzi, che sta molto in televisione e anche lui con ciuffo, che si ravvìa spesso per esigenze televisive (è il consulente della difesa di Rudy). Poi il Bruno, il criminologo de Roma con barbone e capello lungo e parecchia ciccia che parla (veramente bofonchia) di delitti come parlerebbe dell’abbacchio. Poi il direttore di un quotidiano locale di Perugia, che ha avuto il suo quarto d’ora di visibilità e che è stato quasi sempre zitto. Poi la magistrata del tribunale dei minori che da Vespa è praticamente fissa (ma non ha una famiglia, degli amici, insomma qualcuno per passarci le serate? o un cinema vicino a casa?). Fra il pubblico il già citato e petulante avvocato difensore di Rudy, che ha tenuto banco: l’unico che almeno il personaggio lo conosce – e l’unico interessante, bip a parte,  perché è sempre istruttivo sentire gli avvocati: stando alle sue parole Rudy mancava poco che lo facessero santo. In collegamento una zia di Rudy, che ha detto che era tanto buono (testimonianza fondamentale, come si vede), e un altro avvocato dello stesso, emozionato da non poter finire una frase (eh la forza della televisione… Anche una figura del cavolo, ma basta esserci). Vespa, che ogni tanto faceva l’avvocato del diavolo, gli ha tolto la parola e non gliel’ha resa più.

La cosa notevole è che nessuno lì dentro, a parte l’avvocato del bip e la zia, ha mai visto né incontrato Rudy. Neanche il Meluzzi, che pure discettava nervoso della sua personalità (questa volta il Crepet, dimenticandosi di altre sue apparizioni, gliel’ha chiesto, come facesse a fargli il profilo psicologico se non lo conosce neanche. Risposta: si fa anche ai morti. Noi avremmo obiettato: certo, in mancanza di meglio, ma qui guarda caso Rudy è vivo). Perché la trasmissione era tutta sul terzo indagato, visto che ormai degli altri due non se ne può più e che questo è apparso sulla scena solo da poco.

Per cui sembrava che quegli amiconi stessero lì, dopo una cena ricca (ma come si sa la trasmissione è registrata nel pomeriggio: dopo un pranzo ricco), a chiacchierare del Milan, dell’Inter, e de’ ‘a Roma (il criminologo all’abbacchio). O anche peggio: perché del campionato si sa tutto, e del delitto di Perugia troppo, quindi niente. Alla fine, tanto per gradire, un par di servizi svelti sull’omicidio di Garlasco, magari per ricordarsene in previsione di un’altra puntata; e su qualche strage sfusa di tipo familiare, per chiudere in bellezza.

Due ore senza che alla fine se ne sapesse neanche un briciolo in più di prima. Anzi, semmai meno. Però s’è vista, sia pure virata in colore, la foto della povera ragazza morta, stesa in terra con sopra la coperta  da cui spunta un piede nudo. Che sui giornali c’era stata pochissimo, forse – una volta tanto – per un minimo di  pietas. Che ci farebbe piacere sapere come è arrivata lì: chi l’ha fatta, chi l’ha venduta, chi l’ha comprata, e se sia possibile mandare in onda queste cose impunemente.

 

Roba da guardoni, l’abbiamo detto.










 
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