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A day in the life...

di Marco Luceri
  "Across the Universe"
Data di pubblicazione su web 09/12/2007  
Across the Universe è uno di quei film che arrivano diretti, senza mediazioni, con il suo profluvio di immagini, suoni, colori dal fascino spesso irresistibile. Un film-gioco, giocattolo, anzi, ottimo per chi, come chi vi scrive, prova a stare al gioco. Un film che riconcilia gli occhi con gli eccessi di visione tipici del nostro mondo, un film pop, insomma, che fa un mix di generi (melodramma, musical, war-movie, animazione) per fare genere a sé, diventando qualcosa che, alla fine, riesce a produrre un immaginario di attrazioni affatto banale. Anzi.



Se si guarda alla vicenda narrata siamo di fronte alla più classica delle storie che ogni adolescente ha sognato almeno per una volta di vivere nella realtà: un mix di amore, politica, amicizia, utopie, ribellione, scoperta, anche dolorosa, del mondo. La vicenda è infatti quella di un giovane ingegnere navale di nome Jude (Jim Sturgess), che lascia la sua città natia, Liverpool, negli anni Sessanta, per andare alla ricerca del padre in America; i due non si sono mai conosciuti e il genitore non sa neanche della sua esistenza. Nel Nuovo Mondo Jude farà la conoscenza di Max (Joe Anderson), un ribelle di buona famiglia, e della sorella Lucy (Evan Rachel Wood). Jude e Max diventano coinquilini dividendo un appartamento bohemien nel Greenwich Village, a New York, con altri ragazzi e quando il fidanzato di Lucy muore in Vietnam anche lei si trasferisce da loro e presto tra lei e Jude nasce un amore travolgente. Dopo che il fratello viene chiamato alle armi e spedito in Vietnam, Lucy si unisce a un movimento pacifista, una scelta che metterà in crisi la relazione con Jude, che troverà poi, dopo l’inevitabile distacco, la ricomposizione finale.



Sembrerebbe quasi banale, se non fosse che la scelta di inserire alcune tra le più celebri canzoni dei Beatles (cantate dagli attori), non solo come strumento narrativo, ma anche come meccanismo di produzione di uno specifico immaginario legato agli eventi della Storia, elevi il film molto al di sopra della semplice storiella per ragazzi, per restituirci un quadro complesso, a volte aspro e dilaniante di un’America che ci appare non solo come era ieri, ma soprattutto come oggi la vediamo dai media che ce la raccontano: alla ricerca di se stessa e del proprio posto nel mondo. E così Let it be serve a versare lacrime sui morti di guerra, Happines is a warm gun a raccontare le difficoltà dei reduci del Vietnam, While my guitar gently weeps a piangere l’assassinio di Martin Luther King, Revolution e Across the universe a scandire il tempo delle disillusioni e della fine amara delle utopie, Come together e Hey Jude ad accompagnare i trapassi dolorosi della vita, All you need is love a celebrare il potere salvifico dell’amore, fino a Lucy in the sky with diamonds, cantata da un’ispiratissimo Bono (che nel film veste i panni del dottor Robert, un baffuto, psichedelico predicatore post-moderno, con lo stesso nome del medico che prescriveva l'lsd a Lennon) sui titoli di coda, in una versione in cui quella che è ancora la voce più bella del rock fa venire i brividi.



I complessi e notevoli inserti di animazione (splendido quello della tenda da circo), che la regista Julie Taymor inserisce spesso nei suoi film (Frida, ad esempio) spingono ancora di più il film verso la frammentazione, l’implosione plastica delle immagini, il rincorrersi delle suggestioni visive, fino a comporre un quadro in cui il reale si sposta verso l’irreale, restituendoci un affresco composito e sfuggente, lirico e doloroso, di un mondo che ha perso ogni possibile senso. Restano però le canzoni dei Beatles, appunto, forse il più longevo e inattaccabile immaginario (pop) del Novecento, a farci restare sulla terra, perché riappaiono, in questo marasma visivo e sonoro, come l’unica grande, possibile catarsi dei sentimenti. E se in Max, Jude e Lucy, o in Sadie (Dana Fuchs) , la rossa cantante simile a Janis Joplin, ognuno di noi ha rivisto un po’ anche un possibile se stesso lo si deve probabilmente al potere mitopoietico di una musica imperitura che sembra ancora raccontare la vita di ogni giorno. Quella delle nostre storie e quella della Storia di tutti. A day in the life, insomma.

Across the Universe
cast cast & credits
 






 
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