C'era una volta Jazz Sebastien Bach, l'album che nel 1963 rivoluzionò il modo di concepire il jazz grazie all'innesto di accenti sincopati nelle musiche del grande compositore tedesco. Il gruppo che lo interpretava si chiamava Les Swingle Singers, fondato da un americano trasferitosi in Francia, Ward Swingle: si trattava di un ottetto vocale accompagnato da contrabbasso e batteria.
Sono passati più di 40 anni e gli Swingle Singers, oggi formazione inglese a cappella, sono ancora vivi e vegeti dopo continui cambi di formazione e una vasta discografia con repertorio classico, jazz e pop. Ma anche gli Swingle sono entrati nel 21° secolo e lo stile, che mantiene le caratteristiche tipiche del canto a otto voci voluto dal fondatore, deve tenere conto di nuove sonorità. Ecco quindi il nuovo album, The Beauty and the Beatbox (Signum Classic), che sposa i suoni tipici a cui gli Swingle ci avevano abituato al Beatbox (singolare tecnica di percussione vocale), a campionamenti e allo strach dei dj fatti con la voce.
Con Ward Swingle fra il pubblico ecco che la formazione ha scelto casa propria (Londra, il Bloomsbury Theatre) per lanciare il disco. Ospite speciale uno dei maggiori artisti di Beatbox, Shlomo, che si è distinto nel colorare a suo modo The Fifth of Beethoven (vi ricordate la versione disco degli anni 70? è quella) e la Badinerie di Bach. Ma luso di questi nuovi suoni diventa forse più evidente quando sono inseriti sopra due brani come Didos Lament (dal Dido and Aeneas di Henry Purcell, già presente in un album storico come Place Vendome insieme al Modern Jazz Quartet) e lAdagio di Albinoni-Giazotto, mentre a differenza del passato il gruppo lascia maggior spazio allimprovvisazione. Si pensi agli assoli di Soul Bossa Nova di Quincy Jones, o di Straighten Up and Fly Right di Nat King Cole, ma anche alla parte centrale di Lady Madonna dei Beatles dedicata a una sfida di percussioni vocali tra i quattro cantanti uomini e le quattro cantanti donne.
Sono proprio le percussioni, affidate principalmente ai due bassi ma estese poi a tutti i componenti, lelemento principale del nuovo corso degli Swingle. Un arricchimento del suono che tiene conto di ciò che succede intorno alla formazione, al di là della proposta di nuovi brani pop come Sunday Morning dei Maroon 5 e di When September Ends dei Green Day. Non mancano però i pezzi classici di bravura come il complesso Bolero di Ravel nella prima parte e Gotcha, il tema di Starsky e Hutch nella seconda. O anche il bis Past Time With Good Company, il madrigale di Enrico VIII cavallo di battaglia degli Swingle che imitano tamburi, cromorni e flauto diritto insieme alle “pazze” percussioni beatbox di Shlomo.
Uno spettacolo che ha funzionato, con Ward Swingle festeggiatissimo non solo per ciò che ha creato oltre 40 anni fa ma anche per il suo ottantesimo compleanno, proprio il giorno del concerto.
|
|