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Maltornati

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 03/09/2007  

E’ proprio vero che il ritorno dalle vacanze è sempre un bel casino. C’è gente che è rimasta in coda per ore: peggio per loro, potevano tornare un giorno prima. Noi, furbini, abbiamo fatto così.
E così ci siamo beccati qualche minuto in meno di fila, ma un papa per un giorno e mezzo. Che relazione c’è, dite? Si vede che non avete acceso la televisione sabato, 1 settembre, alle 17 su Rai Uno. Già, è vero: eravate in coda sull’autostrada. Beati voi.
A casa, un po’ stanchi e come sempre mortificati dal ritorno dal mare, ci siamo messi davanti alla televisione: oggetto misterioso, che per settimane avevamo bellamente ignorato senza alcun rimpianto, naturalmente (chi guarda la televisione d’estate, quando fuori si sta bene e semmai ci sono tanti bei film all’aperto? Solo i maniaci). Così per caso (è anche difficile rimettere in funzione il telecomando, al ritorno), siamo capitati su Rai Uno. Dove in una spianata tipo Woodstock ma peggio, su un palco tipo Live Aid ma peggio, con telecronisti tipo mondiali d’atletica ma peggio (qui dobbiamo fare una rettifica: per un quarto d’ora da dove eravamo ci siamo sbirciati i mondiali, con un Bragagna un po’ roco ma migliorato – meno male), c’era un tre-quattrocentomila giovanotti sbracati, in calzoni corti e cappellini, al sole.

E chi erano? Quando abbiamo sentito il coro da stadio “Beeeenedetto! clap-clap-clap! Beeeenedetto! clap-clap-clap!” (il clap è un tentativo onomatopeico per l’applauso ritmato, pardon), lì per lì s’è pensato a qualche calciatore. Gattuso si chiama Benedetto? No, Rino. Totti? No, Francesco, of course. Kakà? No, lui si chiama Kakà e basta. E allora?

Era Benedetto XVI, cioè papa Ratzinger. E che ci faceva a Woodstock? No, era a Loreto, per incontrare i “giovani”, come ha detto mille volte il seminariale commentatore. Così, in una scenografia che quando è arrivato il papa ricordava la presentazione dei campioni di wrestling (musica a tutta birra, sventolio di bandiere, urla, e tutto il repertorio), la Rai si è trasformata per ore nella Televisione Vaticana, come al solito. Ripetiamo: per ore.

Saremo fiscali, ma qualche obiezione ce l’avremmo (non parliamo del commentatore, che ha detto per intere mezz’ore senza nessuna ironia parole come “papaboys” e “papamobile”). Inutile ricordare che c’era Bocelli che cantava l’Ave Maria come fosse a Las Vegas, che tanto uno se l’aspetta. Inutile sottolineare che i ragazzi e le ragazze (bellini e belline, come nei peggiori sceneggiati di Canale 5) leggevano in modi da invasati brani del Vangelo. Inutile soffermarsi sulla paccottiglia (pardon: da laici, rispettiamo molto la religione) che s’è vista, esibita come se fosse un affresco di Giotto.

Vorremmo solo, come riflessione di (ahimè) fine estate, esibire invece la seguente: è possibile che la Rai, televisione di uno Stato laico, abbia dedicato a questo evento quasi tutto il pomeriggio del sabato, più di due ore della serata dello stesso giorno (con canzonette deprimenti di Baglioni & C.), e tutta o quasi la domenica mattina seguente? Va bene che i peccati estivi si debbono scontare, ma insomma.

E comunque, diciamola tutta: come capopopolo, Giampaolo II non lo batteva nessuno. Onore al merito. Tanto di cappello, papale s’intende.






















 
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