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Il volto sporco di Parigi

di Marco Luceri
  24 mesures
Data di pubblicazione su web 02/09/2007  
Nella sezione Settimana della Critica, che quest’anno si sta rivelando uno dei contenitori più interessanti della Mostra, è stato presentato il film 24 Mesures dell’attore Jalil Lespert (molto conosciuto in Francia), qui alla sua prima prova da regista, superata in modo egregio, vista la buona e robusta fattura del film.

La storia ruota intorno alle vicende incrociate di quattro personaggi: una prostituta non più giovanissima con un disperato bisogno di denaro per il piccolo figlio, un tassista ossessionato dalla religione e con un padre infermo, una giovane e ricca ragazza lesbica incapace di liberarsi dall’ingombrante presenza della madre, un rissoso batterista jazz che abbandona la sua band prima di un concerto perché il frontman ha dimenticato il nome di suo padre, musicista anch’egli.


Berangere Allaux et Benoît Magimel
Berangere Allaux et Benoît Magimel

Accade tutto in una notte, quella di Natale. In una Parigi “sporca e cattiva”, come sempre più di rado si vede nel cinema francese contemporaneo, con le strade bagnate di pioggia, il traffico, la musica techno a tutto volume, le luci impenetrabili dei mille passages, le storie di due donne e di due uomini, tutte e quattro emarginate e solitarie anime perse nel vorticoso scorrere della vita violenta e cinica che le circonda, unite però dal disperato bisogno di affetto e in perenne contrasto con le figure famigliari.

La prostituta è infatti costretta a subire le violenze dai suoi protettori perché chiede ciò che le spetta per la felicità del figlio, che tuttavia alla fine non riuscirà a vedere; il tassista si rifugia nel bisogno e nella preghiera verso un dio che egli stesso griderà assente (in una delle scene più forti e riuscite del film), muto, come lo è il padre infermo sul letto; la ragazza è costretta a rinunciare alle sue avventure sentimentali a causa dell’egoismo di una madre insofferente verso la città e verso il mondo; il giovane musicista di colore antepone alla propria carriera il rispetto della figura paterna, cancellata dalla superbia autosufficiente del vecchio frontman, che alla fine sembrerà accettare la fuga del giovane, pronunciando l’emblematica frase “La musica è questo!”.


Sami Bouajila
Sami Bouajila


Il film rivela però la sua forza nelle scelte registiche fatte da Lespert: il montaggio, innanzitutto, vorticoso, velocissimo (a tratti cede però alla forza pittorica di alcune immagini), che consente alla narrazione l’incrocio delle quattro storie (un po’ sullo schema di un film come 21 Grammi), lo straordinario uso della macchina a mano, ad altezza di spalla, costante per tutto il film (si contano solo 3 piani d’insieme!), che permette al regista non solo di stare “addosso” ai suoi bravissimi attori, ma anche di sfruttarne tutte le potenzialità interpretative nei primi piani e nei mezzi primi piani, le uniche figure retoriche di cui è fatto quasi interamente 24 Mesures. E infine, l’uso della musica: un unico pezzo blues, arrangiato in cinque variazioni diverse, che scandisce l’entrata in scena di ogni personaggio, 24 battiti (da cui il titolo del film) perché blues anomalo, privo di una progressione armonica ben definita (si intuisce in una delle ultime scene del film, quando il pezzo non è più off , ma viene suonato sulla scena). Un originale motivo simbolico che scandisce la 24 ore di cui è fatta questa lunga, paurosa giornata di fragili, ma veri contatti umani.



24 battute
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