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Quattro volte vent'anni

di Sara Mamone
  Il mondo di Mr. Peters
Data di pubblicazione su web 27/10/2003  
Il mondo di mister Peters racconta tre senilità: quella del protagonista, Mr. Peters appunto, il cui mondo è ormai ridotto a brandelli di memoria in cui il tempo ha inserito vistose falle e preservato intermittenti brillii; quella del suo autore, l'ultraottantenne Arthur Miller, tra i grandi del secolo appena scorso, marchiato soprattutto dall'infelice ma anche creativamente redditizio legame con la mitica Marilyn Monroe; quella dell'attore Giorgio Albertazzi, scampato alle gigionerie di una vitalità un tempo debordante ed ora acquietato (ma non placato) nell'energia riflessiva di una vecchiaia prodigiosamente fertile e misurata.

Giorgio Albertazzi in Il mondo di Mr. Peters

Diciamo subito che la vecchiaia vincente è quella dell'interprete che in una recente intervista ha dischiuso il mistero di questa felice anomalia: in un'epoca di dinamismi aggressivi in cui anche la recitazione è spesso sopra le righe, Albertazzi ha trovato la chiave per essere ben di più che il portavoce dell'autore. La lunga, anche se non sempre esplicita riflessione sul mestiere dell'attore (culminata con una memorabile interpretazione dell'Enrico IV di Pirandello come istrione) è giunta oggi alla piana constatazione della sua "parte": "ho fatto quattro volte vent'anni: ormai non sono più un attore ma un testimone dell'arte di recitare e ogni sera racconto me stesso".
Ecco: proprio la messinscena di sé è quanto di nuovo Albertazzi sa dare al teatro. Una messinscena però che poco ha a che fare con i narcisismi di certa sperimentazione autobiografica ed è invece filtro insieme di biografia e di mestiere. Albertazzi non racconta in scena la sua vita, anche se il gioco della memoria individuale gli sarà stato certo facile nella sostanziale ovvietà dei personaggi e degli ambienti: un night delabré che ha mantenuto solo nelle toilettes i segni dell'antico splendore, un distaccato interlocutore che si rivelerà poi il fratello morto, come tutti morti si riveleranno i personaggi che gli girano intorno, non creature vive ma fantasmi della memoria ("tranne mia moglie, quella non muore mai", ma sarà poi vero?), un nudo sogno di Marilyn che attraversa a tratti il palcoscenico. Albertazzi racconta in scena il suo mestiere di attore, il suo dar voce e sangue ai personaggi, il suo itinerario poetico e intrpretativo. Ed è questo straordinario mestiere che fa funzionare una pièce altrimenti modesta e prevedibile, pur nella raffinatissima (ma un po' precostituita) tessitura drammaturgica. Il passato e il presente si mescolano come da sempre in Miller, la memoria viene vissuta come presente ma qui, diversamente ad esempio che nel mai dimenticato Morte di un commesso viaggiatore, il passato schiaccia i pochi brandelli di un presente che comunque, non fosse altro che per la vivida passione della memoria vale largamente la pena di essere vissuto. La prova di Albertazzi viene seguita con trepido rispetto dalla sobria regia di Enrico Maria Lamanna e da tutti gli altri interpreti dando vita ad uno spettacolo che forse avrebbe meritato, la sera del debutto che noi abbiamo visto alla Pergola di Firenze, una ancor più calorosa accoglienza.


Il mondo di Mr. Peters
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