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Apocalypsina

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 07/05/2007  

Che ce volete fa’? – direbbe lui. A noi Funari piace. L’abbiamo già detto senza mezzi termini a suo tempo (Funari forever). È anziano, naturalmente, ma almeno non parla a proverbi come altri anziani più famosi e piagnucolosi di lui. Non è un ‘grande giornalista’ per antonomasia e per pigra definizione non si sa di chi. Non si schiera a seconda di come tira il vento. Non si piange addosso. Lo buttarono fuori dalla Rai anni fa non si sa bene perché: non ci fu uno, si dice uno, che lo difendesse e ne facesse un ‘caso’. Lui se ne andò, dignitosamente (non come altri ‘epurati’), e si mise a fare un programma per una rete minore, facendo segnare una specie di record in trasmissioni di questo genere su reti marginali. È uno che conosce il mezzo televisivo come pochi. Ha insegnato a molti (quasi tutti quelli che ora fanno i conduttori) a stare di fronte alla telecamera.

Insomma: è così bravo che dispiace che gli abbiano costruito addosso, per il rientro in Rai, un programma così. Apocalypse Show, cinque puntate, Rai Uno, sabato sera (c’è di mezzo anche Ballandi, che sarebbe una garanzia). Grande allestimento. Bel titolo. Eppure.

L’idea, bella, è che sabato 26 maggio, alle 23.30, finirà il mondo. È l’ultimo minuto dell’ultima puntata del programma. Un maxi orologio in studio scandisce i secondi alla rovescia, per il conto finale. Funari fa monologhi sui mali dei nostri tempi, senza però i toni da imbonitore-predicatore arrochito di Grillo (ormai, ci dispiace, un’imitazione di se stesso) né quelli da capopopolo di tanti altri. È apocalittico, nel senso quasi biblico del termine (‘apocalisse’ significa, di fatto, ‘rivelazione’). Ha una barba stupenda. Si commuove sul serio. Parla col pubblico e si vede che è irrispettoso della ritualità televisiva: ieri ha cantato, malissimo ma con eccezionale bravura, una canzone. Si è tolto la giacca, ha perso il microfono, aveva il fiatone, ha messo in crisi il direttore d’orchestra: grandissimo. Improvvisa (è quello che sa fare meglio: Bongiorno, perfetto ospite della seconda puntata e il più esperto di Tv di tutt’Italia, gliel’ha detto chiaro). Dice cose non banali, anche se un po’ da colpo basso (i bambini, per esempio, dovrebbe lasciarli perdere: troppo facile).

 

E allora perché non funziona? Perché gli hanno messo intorno il solito programmone alla Morandi: in altre parole, quei programmi in cui il conduttore non ha niente da dire, non ha nemmeno una personalità, e perciò ha bisogno del contorno come dell’aria che respira. Quindi ospiti internazionali. Qualche balletto. Due ‘presentatori’ che passano come acqua fresca (Esther Ortega e Fabio De Luigi: il secondo vedibile solo con la Gialappa’s dietro, la prima, spagnola, reduce appunto da Morandi – ma in Italia non c’era di meglio di così?). Se uno accende e vede poniamo Battiato, e soprattutto Percy Sledge o Simply Red (tutti redivivi), cosa gli fa capire, con quale ‘segno’, che siamo in una trasmissione diversa?

Nulla, ovviamente: contenitore standard del sabato sera sul Primo. Poi arriva, per qualche monologo notevole (per presenza proprio ‘fisica’: ma nel contesto del programma è quasi come se fosse un fuori opera), Gianfranco Funari.

Il quale dovrebbe fare trasmissioni come quella che fece con Bonolis, tempo fa: una ‘spalla’ brava, che qui non c’è, e lui a ruota libera. Il resto, scusate l’espressione, è pappa riscaldata.






 


 






 
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