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La Tv del nonno

di Roberto Fedi
 
Data di pubblicazione su web 23/04/2007  

Toh! Rieccolo! – si potrebbe esclamare, rigirando l’acronimo. Stiamo parlando di Enzo Biagi e del suo RT – Rotocalco Televisivo, con cui il giornalista torna (prima puntata domenica 22 aprile, Rai Tre) sullo schermo dopo qualche anno di assenza, che lui ironicamente imputa a “ragioni tecniche insormontabili” e che, in realtà, fu dovuta a una scivolata non degna della sua esperienza. Cinque anni fa, in piena campagna elettorale, in una sua trasmissione invitò Benigni che fece, nel compiacimento del conduttore, uno ‘spottone’ pubblicitario antiberlusconiano dei soliti. Vinte le elezioni, lo sbeffeggiato insulsamente si vendicò. I vertici della Rai, notoriamente indipendenti dal potere del momento (buona questa), eseguirono. Queste le “ragioni tecniche” di cui sopra. Prima di lui è tornato l’altro ‘epurato’, il Santoro, che a differenza di Biagi ha passato gli anni appena trascorsi a piangersi addosso, a farsi eleggere deputato Ds al Parlamento europeo, e – crediamo – a percepire i soldi del contratto Rai (chiediamo lumi a chi di dovere su quest’ultimo punto, grazie). Il terzo Grande Assente (siamo ancora sull’ironia: oggi ci sentiamo buoni), cioè Daniele Luttazzi – opinione personale: il più bravo di tutti – , non avendo santi in paradiso né partiti più o meno ribattezzati dalla sua parte, è ancora non per sua volontà latitante dalla Rai. E questo sia detto per la verità storica, se permettete.

Riassunta fedelmente la questione, va osservato che di Cincinnato ce n’è stato uno solo, e le imitazioni sono pallide o sconvenienti (non stiamo a raccontarvi  chi fosse costui: vedere su un libro di storia romana delle elementari, nel caso). La trasmissione di Santoro langue, e salta agli onori delle cronache solo per qualche colpaccio sotto la cintura. Per il resto, non sa di nulla e passa come neve al sole. Biagi, appena tornato con il gentile (troppo, troppo, troppo: anche qui niente di nuovo sotto il sol dell’avvenire) ‘traino’ del Fazio a Che tempo che fa della stessa domenica, è stato quello che ci si poteva aspettare. Una delusione? No. Il nulla. Dispiace dirlo per uno che in vita sua ne ha fatte tante e forse troppe, e che inspiegabilmente (secondo chi sta scrivendo) è passato dalla nomea di flebile nemico del popolo a bandiera gloriosa  dello stesso. Dispiace anche per l’età, veneranda, che dovrebbe essere dedicata a meditazioni e riflessioni sulla vita e il senso della stessa, come indicava a suo tempo Cicerone (De senectute). Dispiace anche per noi, che l’avevamo atteso almeno con curiosità. La sua è una trasmissione vecchia: servizi filmati su argomenti latamente sociali o seri ma ormai scontati (la Resistenza, la camorra, l’occupazione delle case da parte di senza tetto…), e un ospite con cui si dialoga con brevi domande (del tipo: ‘come si spiega la Resistenza ai giovani?’, fatta a ottuagenari di grande peso e moralità: ma cosa potrebbero dire che non sia stato detto centomila volte?). Nessun approfondimento: per dire, è come minimo curioso parlare di Resistenza come se fossimo alle elementari, o di senzatetto come se questo dipendesse dal tempo. Retorica da scompartimento ferroviario. Il solito ricorso alla captatio benevolentiae un po’ patetico (il padre senza una casa, la madre con bambini sfrattata…). Insomma, la cronaca superficiale di quello che si vede, con qualche lacrima. La versione sociale della stampa popolare, con un uso del medium televisivo che sembra  quello degli anni Cinquanta.

Dispiace, ripetiamo per la quarta volta. È un programma che si poteva fare, colore a parte, trenta o quarant’anni fa.  Se questi sono le Voci del domani, mentre si elaborano altri acronimi che non si sa bene cosa contengano, stiamo freschi.























 
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