Un piccolo capolavoro, premiato con lOscar per il miglior film straniero, giunge un po in ritardo in Italia, ma sempre in tempo per consentirci di misurarne la distanza dal resto della produzione corrente.
Alla base del film ci sono alcuni anni di ricerche che il giovane regista e sceneggiatore Florian Henckel von Donnersmarck ha dedicato allo spoglio dei documenti contenuti negli archivi della polizia segreta della Germania comunista (la Stasi), finalmente resi pubblici dopo la caduta del muro di Berlino. Attraverso la lettura di quelle pagine i tedeschi hanno scoperto una realtà molto più cruda e squallida di quanto si sarebbe potuto credere. Quasi un simbolo di quel regime la ragnatela di circuiti e fili telefonici che percorreva le mura di tanti edifici pubblici e privati, attraversata da conversazioni private, intime o politiche, carpite al solo scopo di avere un pretesto per arrestare, interrogare e torturare il maggior numero possibile di cittadini, preferibilmente quelli invisi al burocrate o funzionario di turno.
Le vite degli altri
Dunque un film storico, costruito attraverso la lettura delle fonti primarie. Già questo costituisce uneccezione rispetto al panorama nostro contemporaneo, infestato da svenimenti fantasy, sbattimenti pseudoerotici, onanismi ombelicali, hamburger mitografici. Su questa serietà documentaria lautore ha imbastito una narrazione calibrata e essenziale, una sorta di spy story a sfondo erotico, di facile consumo, secondo il modello brechtiano (autore più volte citato nel film) che vuole i contenuti drammatici e morali veicolati da trame e soggetti popolari. Nella trama popolare sinfiltra però un emozionante crescendo morale.
Qui vediamo un potente burocrate del partito che, infoiato per la bella e fragile attrice Christa-Maria Sieland (Martina Gedeck), sentimentalmente legata a uno scrittore di successo (Georg Dreyman, interpretato da Sebastian Koch) cerca di incastrare il suo rivale mettendo sotto controllo il suo appartamento con apposite microspie. La direttiva percorre tutta la piramide burocratica e assegna il compito di ascoltare e pedinare la vita privata dello scrittore a un fedele funzionario della Stasi. E lui il protagonista del film, Gerd Wiesler, interpretato dalleccellente Ulrich Mühe. Rigoroso e attento, zelante e convinto, redige con pazienza e puntiglio i verbali di quanto ascolta attraverso i microfoni nascosti. Lo sappiamo obbediente al Partito e alla sua ideologia poliziesca, convinto della potenziale pericolosità di coloro cui è stato assegnato come controllore. La sua vita consiste nellesecuzione obbediente del compito assegnato, nella fedele appartenenza ad un sistema che lo trascende. La missione è la sua prigione e il suo riscatto come in certi personaggi di Kafka.
Martina Gedeck e Sebastian Koch
Progredendo lungo il labirinto delle intercettazioni e dentro le spirali di una trama sapientemente intrecciata, il libero arbitrio si fa lentamente strada nella mente di questo tragico e solitario eroe della disperazione, laconico e ripetitivo come un personaggio di Beckett. Sarà lui, nella sua grigia spolverina che lo accomuna agli umili e convinti "servitori dello stato" di ogni regime e paese, con il suo sguardo vivido e disperato, a dare la svolta alla storia, tradendo il regime e salvando leroe buono con la stessa meccanica meticolosità con cui, allinizio, aveva eseguito il suo "pedinamento".
La bella e fragile attrice, cedevole ai ricatti del malefico potere seppur innamorata del buon scrittore, si suicida come leroina infelice di una spy story. Linfedele spia salva la vita ma non il posto di lavoro: sospettato, regredisce al grado di impiegato dordine, mantiene però intatto lo zelo di sempre, lo spirito di appartenenza ad un sistema, adesso non più politico, ma esistenziale. Farà il postino nella Germania liberata dalla Stasi e quando si troverà davanti ad una vetrina in cui si reclamizza il libro che sulla vicenda ha scritto lo scrittore emendato e rigenerato, andrà a comprarlo, non per regalarlo – come gli chiede il commesso della libreria - ma per se stesso.
Le vite degli altri
Girato secondo uno stile essenziale, imparentato al ritmo dei polizieschi di genere, questo processo alla morale dellobbedienza è il segno di un talento drammaturgico più che di una sapienza visuale. Per fortuna nientaffatto postmoderno, nonostante la varietà di riferimenti cui abbiamo appena accennato. La storia reclama il suo spazio in mezzo ai lemuri, ai replicanti, ai revenants del cinema contemporaneo. E ci emoziona.
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Le vite degli altri
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Florian Henckel von Donnersmarck
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