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Dalla Storia alla microstoria

di Sara Mamone
  "Goodbye Bafana"
Data di pubblicazione su web 14/02/2007  
Della nutrita schiera di film politicamente corretti presenti al Festival di Berlino Goodbye Bafana, di Billie August, è sicuramente un onesto esempio. Narra con solido tradizionale mestiere la vicenda eccezionale di Nelson Mandela, da un imprecisato anno della lunghissima detenzione fino alla liberazione, fermandosi pudicamente (e anche intelligentemente) sulla soglia perigliosa del potere. Poiché però non è nato ieri il regista danese più famoso del mondo sa perfettamente che non c´è niente di peggio che fare il santino del celebrato e quindi, dopo aver scelto con mano molto felice l´eroe nella persona di Tennis Haysbert passa dalla Storia alla microstoria spostando l´asse drammaturgico sulla vicenda di James Gregory (Joseph Fiennes, qui meno imbambolato del solito) sottufficiale bianco dotato di mogliettina affettuosa e stupida (una stupenda Diane Kruger che non aiuta l´ assioma che gli uomini e le donne sono tutti uguali), assegnato con la sua famigliola (i canonici due figli, maschio e femmina) alla guardia dei prigionieri di Robben Island, dove i delinquenti comuni si mescolano con quelli politici.


 

Siamo in Africa del Sud nel fatale 1968, vige l'apartheid che i bianchi osservano con rigoroso scrupolo per opprimere venticinque milioni di nativi ai quali sono negati i più elementari diritti di spostamento e di riunione politica. Benché conciliante per natura il protagonista pensa, come la minoranza bianca, che quest´ordine di cose sia giusto, che i neri siano sostanzialmente cittadini inferiori e che non ci sia motivo di cambiare tutto ciò. L'infanzia trascorsa in una fattoria della provincia del Transkei gli ha regalato la conoscenza della lingua xhosa e una profonda amicizia con Bafana, coetaneo nero che gli è stato ad un certo punto sottratto senza che egli facesse troppe domande. Il suo carattere accomodante e la conoscenza del dialetto del capo ribelle fanno di lui il guardiano ideale che potrà ascoltare senza destar sospetto i discorsi dei prigionieri e riferire ai suoi superiori. Tutto sembra andare per il meglio e anche la vita sull isoletta si organizza secondo i più stupidi dettami della quotidianità coloniale, tra piccoli ricevimenti, cortesie piccolo borghesi, minuscole complicità di potere femminile. Ma il tempo è una grande medicina e, a poco a poco, mentre la mogliettina trama per farlo divenire ufficiale, l´onesto guardiano comincia a ragionare un poco, lentamente sedotto dalla personalità del prigioniero.


 

Il cammino è progressivo, il film assai ben impostato può ora ritornare con plausibile credibilità anche sull'obiettivo principale per intessere quel dialogo di mutuo riconoscimento che sarebbe stato pura predicazione se affidato ad un'icona pontificante. Non si tratta infatti soltanto di una conversione al bene, ma di un reciproco avvicinamento attraverso gesti più o meno rilevati ma sempre più solidali (la scelta del carceriere come messaggero di un messaggio d'amore per la moglie non vista da vent'anni, la complicità linguistica che permette ad entrambi di sfuggire all'asfissiante pressing carcerario) fino alla più straziata e paritaria restituzione della compassione (a distanza di qualche lustro) per la morte dei figli. La Storia grande fa intanto il suo cammino e il film la segue, nell’alleggerimento del regime carcerario per l'uno, in una dignitosa carriera per l'altro, fino al momento in cui la libertà si trasforma in apoteosi e la macchina da presa si ferma un attimo sul sorriso timido e impacciato della moglie dell'ufficiale ("Mi accorgo solo ora che non l'ho mai visto" aveva confidato al marito poco prima) a cui risponde il sorriso gentile ma già impersonale dell'eroe. Il resto è e sarà, giustamente, cinegiornale.

Goodbye Bafana
cast cast & credits
 



Billie August


 
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