Il secondo appuntamento del progetto "Tre storie damore" ci catapulta dalloscura Verona immaginata da Saïs [vd. Romeo e Giulietta] alla fantasmatica Atene di Mamadou Dioume. Il regista senegalese - attore e collaboratore di Peter Brook con il quale ha realizzato, fra i molti spettacoli, il Mahabharata - ha anche diretto numerosi allestimenti in vari stati europei e condotto laboratori sulla recitazione. Le origini africane, coniugate alle tecniche del cosiddetto terzo teatro e allinevitabile influenza del particolare metodo di lavoro di Brook, si amalgamano a creare uno stile assolutamente originale, il cui punto di punto di partenza è il corpo dellinterprete.
Dioume ha sottoposto i giovani attori a un impegnativo training, finalizzato in primo luogo ad acquisire consapevolezza della propria fisicità e delle proprie emozioni, e a essere in questa maniera in grado di comprendere e di esprimere sul palcoscenico lanalogo percorso allinterno del proprio sé compiuto dai personaggi del dramma. Il regista parla non a caso di «viaggio» che attori e spettatori sono invitati a condividere così da raggiungere, alla conclusione della messa in scena, una meta, corrispondente alla conoscenza di una parte “oscura”, ovvero ignorata, di se stessi. Si tratta, insomma, di seguire le orme dei personaggi che animano le tre trame parallele e incrociate dellopera shakespeareana: pensando di sognare, chiarire al proprio confuso io i desideri più veri.
Lo spettacolo, accompagnato dalle musiche eseguite in scena da Giulio Berutto, si plasma quasi come una sorta di rito ancestrale, e il cerchio di sterpaglie e terra che occupa il palco sembra suggerire visivamente questa impostazione. Attenzione, però, la messa in scena di Dioume non adotta ritmi e cadenze monocordi e liturgici, magari un po cupi, bensì pensa a Dioniso e al Carnevale poiché quello che intende celebrare è un rito di vita. Lo sfrondamento del testo di Shakespeare, che ne restituisce i nuclei drammaturgici essenziali, non elimina ma anzi concede il giusto spazio alla comicità, alternata con equilibrio al discorso amoroso e alla disputa “soprannaturale” fra Oberon e Titania. La giovane compagnia dello Stabile – forse a maggior agio con il vitale regista senegalese – offre una prova più matura e omogenea di quanto accadeva in Romeo e Giulietta.
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Il sogno di una notte di mezza estate
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il regista
Mamadou Dioume
Sogno di una notte
di mezza estate
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