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Sicilia santissima

di Francesco Fantauzzi
  Cani di bancata
Data di pubblicazione su web 21/12/2006  
Emma Dante prosegue il suo personale percorso drammaturgico con lo spettacolo Cani di bancata. Per la prima volta l'autrice siciliana si confronta con il tema, ancora scottante e attuale, della mafia e dei crimini mafiosi. Il suo linguaggio fatto di corpi, di suoni, di gesti si sporca di molte parole, accogliendo riferimenti a persone e fatti realmente e tragicamente esistenti.

Lo spettacolo si apre mostrando la benedizione dei numerosi figli della mafia, qui rappresentata da una figura femminile di madre-cagna. Cuccioli scodinzolanti si nutrono del contatto con la madre, del bacio che diventa patto d'onore: «Entro col sangue e uscirò col sangue». La madre accoglie amorevolmente il nuovo entrato, un capotreno perbene, lo fa sedere al posto d'onore. A capotavola del banchetto della spartizione siede la madre benedicente con i suoi discepoli che, disposti in rigoroso ordine gerarchico, si affannano a mangiare il pane spezzato e a bere il vino consacrato. Con la reiterata formula «Nel nome del Padre, del Figlio, della Madre e dello Spirito Santo» viene officiato il rito di affiliazione alla Famiglia. Poi la tavola del "sacrificio" si spalanca e diventa una sorta di parlamento governato dalla Mammasantissima, cui tutti obbediscono. Ecco i nuovi mafiosi: cardinali, colonnelli, giornalisti, sottosegretari, che si dividono il business dell'acqua, del ponte sullo stretto, dell'usura, della droga e degli appalti milionari. Questo il sistema matriarcale del potere («Io, madre, vi affido l'Italia»), uno Stato capovolto rappresentato con la Sicilia al nord e tante solitarie regioni «ca nun fannu capu a nuddu». Una pala d'altare davanti alla quale gli uomini nudi e mascherati adorano, inebriati, il loro dio.


Cani di bancata
Cani di bancata


Lo spettacolo scorre fluido senza intoppi o tensioni. La ricerca della Dante, questa volta, non colpisce le viscere ma la mente. Usa i metodi della documentazione, mostra senza rivelare: in modo quasi analitico ritrae dinamiche già conosciute e spesso rappresentate romanticamente dalle fiction televisive. Tuttavia, nello spettacolo, non si presenta una mafia "coppola e lupara", ma quella moderna delle auto blu e degli imprenditori, svecchiata dalla tradizionale iconografia e più vicina alla drammatica cronaca dei trafiletti quotidiani. La Sicilia, qui, è una parte del tutto. Emma Dante sembra voler rispondere a un dolore che viene da lontano e che riecheggia nell'ordinario atteggiamento che con un po' di attenzione ognuno può riconoscere ovunque. Il suo spettacolo evoca il gesto primordiale, la condanna quasi antropologicamente giustificata di un popolo che su quella "matrice bastarda" è ancora oggi convinto di costruire un futuro.  

Alcuni momenti sono folgoranti, poetici, come il valzer ballato con le pistole puntate in bocca, la trasformazione-vestizione dell'uomo perbene in mafioso perbene, la preghiera della Madre nostra, il cerchio rituale, ma appaiono episodi slegati, privi di una solida struttura narrativa, dai quali sembrano divincolarsi, come particelle impazzite, i pur bravi attori.

Essenziale ma pienamente funzionale la scenografia modulare di caldo, sordo, corpo legnoso, scolpito da una luce surreale mentre la musica colora con densa drammaticità i pochi momenti privi di parola. L'allegoria, un po' ridicola, della mafia che questo spettacolo mostra quasi come un gioco, si insinua nella mente dello spettatore che, alla fine, applaude a lungo. Allora un gesto eloquente degli attori che ri-indossano le maschere: si completa una sorta di rito di passaggio. Uscendo dalla sala ritorna quel senso di angoscia che gli spettacoli di Emma Dante lasciano. Anche se in tv o durante i comizi elettorali qualcuno vi dice che la mafia non esiste, sembra ricordare l'autrice, non credeteci. Nessuna conclusione moralistica, nessuna sentenza di condanna, nessun colpo di teatro ma una rivelazione sottile, insinuante e non ostentata, proclamata o urlata. Come la coincisa affermazione di Sciascia che la Dante ha scelto per l'apertura delle sue note: «La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c'è più né il sole né la luna, c'è la verità».


 




Cani di bancata
cast cast & credits
 
 


 

Cani di bancata
Cani di bancata

 


 

Cani di bancata
Cani di bancata

 



Foto
Giuseppe Distefano



 
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