Eduardo Scarpetta, erede dellarte di Antonio Petito, inventore di un personaggio senza maschera, Felice Sciosciammocca, con cui sostituisce il tradizionale Pulcinella, ha avuto la singolare sorte di essere non figlio darte come la maggioranza degli attori a lui contemporanei, ma di venire ricordato come “padre darte” dei fratelli Eduardo, Peppino e Titina De Filippo. Dopo aver entusiasmato il pubblico del teatro San Carlino di Napoli con i suoi adattamenti di pochade francesi, al teatro Fondo (Mercadante) e poi al Sannazzaro, si misura con suoi testi tra cui il capolavoro Miseria e nobiltà, reso celeberrimo dal film del 1954 con la regia di Mario Mattòli interpretato da uno straordinario Totò e da Sophia Loren, Dolores Palumbo, Enzo Turco, Carlo Croccolo, Valeria Moriconi, Franca Faldini.
Carlo Giuffrè, da anni paladino della drammaturgia napoletana, (coraggiosa la sua ripresa del cavallo di battaglia di Eduardo Natale in casa Cupiello delle stagioni 1998-2001), ripropone, dopo ledizione del 1989 per la regia di Giovanni Lombardo Radice, un nuovo adattamento di Miseria e nobiltà di cui firma anche la regia.
Nella sua interpretazione Giuffrè vuole sottolineare il momento di crisi della società napoletana dopo lunità dItalia: il popolo si trova spiazzato e privato dei lavori tradizionali (lo scrivano Felice è disoccupato per il diffondersi dellalfabetizzazione, il salassatore Pasquale viene soppiantato dalle nuove terapie mediche), gli arricchiti ignoranti ostentano la loro ricchezza in competizione con i nobili ritratti nelle loro manie e tesi a difendere il loro blasone.
Felice e lamico Pasquale vivono di espedienti e vengono scritturati dal marchesino Eugenio Favetti per interpretare i suoi nobili parenti da presentare al cuoco arricchito Gaetano Semmolone, detto Fritto Misto, padre della corteggiata ballerina che Eugenio vorrebbe sposare, al fine di strappargli il consenso alle nozze. Scarpetta fonde elementi della pochade francese e della farsa napoletana creando una girandola di equivoci da cui scaturisce il lieto fine.
Giuffrè aggiorna il testo e vuole sottolineare gli aspetti tragicomici della commedia tesi a suscitare emozioni e non solo risate nel pubblico; ma la caratterizzazione di alcuni personaggi spesso cade nella macchietta e nella farsa: la moglie di Pasquale, Concetta (Antonella Lori) urla sempre quando parla, la capricciosa Pupella (Luana Pantaleo) è ossessionata dallattesa del cibo, Luigino (Gennaro De Biase), figlio spiantato di Fritto Misto, ha atteggiamenti e pose caricaturali, Gaetano (Aldo De Martino) cerca di esprimersi in maniera forbita, come converrebbe alla sua nuova posizione sociale, ma diverte con trafalcioni sottolineati volutamente. Invece Pasquale (Nello Mascia, attore vivianesco) bene dosa accenti ironici e intonazioni serie sulla misera vita che la sua famiglia è costretta a condurre da quando ha perso il lavoro e Bettina (Mimma Lovoi), la prima moglie di Felice, nel ritrovare il figlio Peppeniello, in maniera accorata, esprime la volontà di una madre di sacrificarsi per il bene dei figli, e offre unintesa interpretazione.
Carlo Giuffrè, nel dar vita a Felice, dimostra la sua maestria fondendo le sue due personalità di attore: lamoroso e il comico. Si mostra “sciupafemmine” poiché ha abbandonato la prima moglie per la camiciaia Luisella (Fulvia Carotenuto) che ora non sopporta più, ma ritorna alla prima passione, quando ritrova Bettina in casa di Fritto Misto. È divertente nella caratterizzazione del nobile con la sua arte di imbrogliare lo spassosissimo parvenu Gaetano. Un cammeo è sempre la parte di Peppeniello in cui si sono misurati tutti i piccoli De Filippo, qui interpretata da Thiago Pereira, sveglio e bene attento ai tempi comici.
Efficaci sono le scenografie di Aldo Terlizzi che bene riproducono la squallida e vuota abitazione dei due compari a cui si contrappone la villa con giardino che ostenta sfarzosa ricchezza; anche i costumi sono gli uni poverissimi e stracciati, gli altri elaborati e eccessivamente appariscenti. Il trucco di Felice e Pasquale, camuffati da nobili con vistose parrucche e la biacca dei clown sul viso, vuole sottolineare la finzione. Indimenticabile è la scena dellassalto agli spaghetti che mostra la fame atavica di Felice, Pasquale e le rispettive famiglie, tanto simili agli affamati Arlecchini e Pulcinella della Commedia dellArte, pronti ad avventarsi su una zuppiera fumante.
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Miseria e nobiltà
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Nello Mascia e
Carlo Giuffrè
Carlo Giuffrè
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