Lultimo lavoro di Walter Hill è un western realizzato per la televisione in due puntate di unora e mezza ciascuna, che il Torino Film Festival 2006 ha presentato insieme, per un totale di tre ore. Broken Trail segna quindi il ritorno del regista americano, negli anni scorsi protagonista al festival torinese di una retrospettiva, a un genere che già aveva affrontato con I cavalieri dalle lunghe ombre (1979) e Geronimo (1993).
Broken Trail si svolge in un paesaggio placido, maestoso, incontaminato: grandi spazi aperti, scenari di struggente bellezza. Un paesaggio che restituisce intatta la magia del cinema e insieme la geografia visiva che storicamente ha fatto la fortuna del western, un ritorno alle origini che riporta alla memoria i grandi classici di unepoca doro come Sentieri Selvaggi. In questo selvaggio territorio si muove lanziano cowboy Print Ritter (Robert Duvall), che insieme al nipote Tom Harte (Thomas Haden Church) deve portare dallOregon al Wyoming una mandria di cavalli. Durante il viaggio, lincontro con un gruppo di cinque ragazze cinesi destinate a essere vendute come prostitute, e con una prostituta (Greta Scacchi) in fuga dal suo vecchio amante, trasforma la spedizione in un inseguimento lungo le praterie degli Stati Uniti centrali.
È un lungo viaggio, intenso e massacrante, non scevro di insidie e difficoltà. Un cammino dove i nemici e le avversità sono sempre in agguato, e dove fino allultimo non è dato sapere se la porta che si chiude alle nostre spalle, quella di casa, è davvero un approdo sicuro o non invece un luogo dove i nemici potranno penetrare portando con sé odio e violenza. Broken Trail si condensa in un grumo di sentimenti limpidi e autentici, attraverso i quali il regista americano cerca di rintracciare unimpronta di verità, dipingendo ogni sequenza con un tono a metà tra lo humour e la tragica elegia della quotidiana lotta per sopravvivere.
Tecnicamente superbo, girato con un respiro solenne ma attento alla cura di ogni particolare, il film mostra anche un eccellente uso alternato dei campi lunghissimi e dei primi piani, in un continuo spostamento/deriva dallimmaginario dellampiezza, della vastità, a quello del più piccolo dettaglio. Rafforzato, in questo, da un cast perfetto e indovinato, nel quale è impossibile non segnalare la straordinaria interpretazione di Robert Duvall, attore avvezzo a mille ruoli, ma capace di dar vita a un personaggio sempre in bilico tra la contemplazione del proprio passato e la fedeltà al principio dellazione, essere umano carico di profonda umanità, anche quando si tratta di dover uccidere altri uomini per salvare il gruppo che sta guidando. Ed è proprio nel concetto di "umanità" che possiamo trovare la chiave di lettura che coaguli in un unico denominatore comune un film come questo, in cui la compresenza di elementi differenti e magari inconciliabili diventa, alla fine, un valore aggiunto.
Viene da chiedersi, allora, se il western non debba essere reinventato, o se non sia stato proprio questo lo scopo di Walter Hill; dare nuovo lustro al genere storico per eccellenza della cinematografia americana, del quale lui stesso aveva contribuito a codificare gli stilemi con il capolavoro I cavalieri dalle lunghe ombre (ma, in fondo, non è un western, atipico e notturno/metropolitano, anche I guerrieri della notte?). A ben vedere, pare proprio di sì. E con Broken Trail, Hill riafferma limportanza e la necessità di un genere che come nessun altro è in grado di far emergere valori puri e genuini, mettendo i personaggi (e di conseguenza anche gli uomini che rappresentano) gli uni di fronte agli altri nella maniera meno mediata possibile, lasciando trasparire sentimenti che altrove non trovano spazio, soffocati da convenzioni sociali insensate. Il punto di forza di Broken Trail è quello di un film che trova nella dignità e il coraggio di un vecchio cowboy lemblema delluomo che sa fare fronte alle contraddizioni e alle difficoltà di unAmerica (quella del diciannovesimo secolo, ma anche, e forse più, quella odierna) più che mai disorientata e in preda a convulsioni etico/ideologiche insostenibili.
Basta guardare appena un po al di là della polvere alzata dagli zoccoli dei cavalli e si scopre un film sorprendentemente moderno, estremamente attuale, in grado di parlare delloggi con un linguaggio forse diverso da quello degli altri, ma non per questo meno diretto e comprensibile. Hill affronta, inglobandoli in un unico contenitore, temi di notevole complessità, come la difficile coesistenza della culture (nella fattispecie, quella occidentale e quella cinese), il divario generazionale, il rapporto tra uomini e donne. Il tutto sciolto in un unico componimento cinematografico che in oltre tre ore non trascende mai nel manierismo, ma resta compatto e costantemente bilanciato, mantenendo inalterata la sua acutissima lucidità estetica.
Un manifesto di cinema orgoglioso e combattente, un inno alla vita e alla vitalità in tutte le sue forme, un meraviglioso affresco di unepoca sconquassata dalle armi e dalla violenza, ma nella quale non è raro o impossibile trovare una forma ancora incontaminata di calore umano. Il messaggio, chiaro, di Hill, è che forse cè ancora spazio per lonestà, la cultura della compartecipazione reciproca, anche in un mondo ostile e difficile, nel quale parole come amicizia e lealtà sembrano spesso scivolare in un oblio orribile. Un messaggio del quale tutti cominciamo a sentire sempre più il bisogno.
|
|