Les Histrions (détail) non è una pièce sugli attori – o sugli istrioni se vogliamo esser precisi – ma una pièce per gli attori, scritta nel tentativo di dare la vita ad una nutrita compagnia di amici (soprattutto) e colleghi (poi). Quello che vediamo rappresentato sul palcoscenico del Théâtre de la Colline è il frutto di dieci anni di conoscenza, di incontri al Conservatoire, di lavori insieme, ma anche di feste e di bevute. Col tempo si è formata la compagnia di Marion Aubert, la giovanissima autrice che non ha mai interrotto la sua prima carriera di attrice; a questa si è aggiunto il poco più anziano Richard Mitou e di qui si è formato il nucleo di quel nutrito gruppo di attori – venti – che recitano nello spettacolo.
Lidea alla base era di parlare degli attori e degli spettatori, si è finito per arrivare a un testo che si presenta come un particolare (détail) di unopera più complessa che «potrebbe concludersi nel 2076». In questo primo segmento lautrice ha voluto parlare dellinizio della storia e quindi della nascita degli attori: ha creato venti personaggi e per ognuno di essi ha inventato una scena, che ne racconta il favoloso ingresso nel mondo… Si comincia dunque con Les Origines in cui si narra in maniera comica e dissacrante la nascita dellUniverso a partire da un poco serio Giardiniere Celeste che decide di creare le stelle e la Terra. Dopo questa lunga sequenza iniziano scene più corte, unicamente collegate dal tema della nascita e dal Fantastico. Troviamo così la Storia di un uomo nato da un uovo di Pasqua, Le avventure delluomo nato da una palla di Natale o della Donna nata da una pozza di assenzio. E se le storie sono ai nostri occhi un po troppo verbose non è, secondo lautrice, per un eccesso di intellettualismo, ma perché «gli attori vivono di parola, senza di essa non potrebbero esistere», ci spiega Marion Aubert, che aggiunge «io non credo in Dio ma credo al verbo, alla parola». In questottica la prima scena può forse esser letta come una dichiarazione dintenti: non più un Dio Creatore ma un Giardiniere Celeste, non più la rivolta degli angeli ma una deliziosa rivolta di stelle.
Si dà così vita ad uno spettacolo fantastico, dove la finzione teatrale non è nascosta ma è parte integrante della rappresentazione. Costumi variopinti e scenografie fantasiose si muovono insieme ai dinamici attori; il palcoscenico diviene una fucina di vitalità che fa spesso pensare ai festosi spettacoli circensi, ma anche ai film di Kusturica (anche a causa dei quattro musicisti che creano armonie originali ma non troppo dissimili da quelle di Bregovic) o di Tim Burton. Tutto è ben coordinato, lunità dintenti di ogni partecipante alla creazione (scenografo, costumista, attori, tecnici, autore, regista, musicisti…) dà significato ad ogni minimo gesto. Si percepisce una gioia reale che ben si adatta al soggetto dello spettacolo. «Abbiamo lavorato tutti insieme – ci spiega Richard Mitou – per il testo la scenografia, i costumi, le luci, la recitazione, attorno a un tavolo, per chiederci che cosa si voleva dire con questo testo e come si voleva raccontare».
Fra la musica e il movimento sincronizzato dei venti attori, si ha costantemente unatmosfera trascinante, un ritmo sostenuto. La gioia scaturisce dalla fantasia perché «bisogna ben reinventare il mondo per poter sopravvivere» – continua il regista. La giovane compagnia sentiva il bisogno di vita, di nascite e non di morti, di qui è nato uno spettacolo basato sulla possibilità di sognare storie fantastiche: ma attraverso limmaginazione si ritrova il coraggio di vivere che permetterà nellultima scena un avvenire felice per una coppia ordinaria.
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