Quei loro incontri, nuovo film della prodigiosa coppia francese (ma ormai italiana dadozione) Straub-Huillet, un marchio che da anni è simbolo di cinema di grande qualità, è la trasposizione cinematografica del loro spettacolo teatrale Quei loro incontri gli uomini e gli dei, ispirato ai Dialoghi di Leucò (uno dei più bei testi letterari di Cesare Pavese, uscito nel 1947) e messo in scena in Toscana nel 2005.
Il film è ispirato agli ultimi cinque dialoghi del libro, recitato da uno stuolo di dieci attori, provenienti da varie pari dItalia. Il riferimento letterario è estremamente importante: I dialoghi con Leucò è forse lopera più coraggiosa di Pavese, ventisei brevi conversazioni a due, che analizzano le eterne angosce degli uomini, affrontando temi fondamentali come il dolore, la morte, il destino e le imperscrutabili leggi che li governano. I protagonisti dei dialoghi sono sempre eroi della mitologia greca e latina, e sempre personaggi diversi, tranne Leucotea, corrispondente, nel nome (troncato nel titolo in Leucò), ad una dea tebana ma traduzione greca del nome Bianca, come la donna di cui era innamorato Pavese in quel periodo (siamo tra il 1945 e il 1947). Lo scrittore fu accusato di disimpegno, ma il mondo culturale italiano di allora non capì che I dialoghi superano i tempi, trascendendoli e analizzandoli in un percorso audace che dal mito precristiano arriva alla valutazione lucida dei problemi contemporanei: lineluttabilità del destino, la necessità della morte o i dubbi sulla felicità delluomo, i medesimi affrontati dai personaggi mitologici protagonisti dei dialoghi.
Quei loro incontri
Proseguendo sulla traccia di un cinema rigoroso ed estremo, Straub-Huillet mettono in scena i cinque dialoghi come ritratti impressionisti: le cinque coppie di attori sono immerse in altrettanti quadri naturali, immersi cioè nel verde silenzioso della macchia mediterranea in una vera e propria scena da dramma pastorale: i fitti boschi, i fiumi che scorrono, gli uccelli che cantano e una leggera brezza che attraversa il quadro. I personaggi sono immobili, ma non appaiono mai lontani, né ieratici, perché il pittoricismo delle inquadrature li fissa in pose stabili, senza però creare una distanza tra essi e lo spettatore. Merito anche di un montaggio semplicissimo, costruito su unalternanza costante e ripetitiva degli stessi piani: totale dellambiente, due campi americani, rispettivamente prima su uno e poi sullaltro attore.
La struttura semplicissima della messinscena e del montaggio non tradiscono affatto la complessità del film: se i riferimenti pittorici rimandano allimpressionismo e alla pittura del naturalismo ottocentesco, la costruzione dellinquadratura, con i corpi degli attori che sembrano essere assorbiti dallo sfondo, ripropongono una sorta di grado zero del cinema, un ritorno alle origini, ai Lumière, ai tempi dellingenuità e della curiosità con cui luomo, attraverso la mdp, guardava incantato la realtà. I corpi diventano voci lontane di un passato-presente mitico, e rielaborano con le loro cadenze impostate e declamatorie lintensità di una teatralità classica che riesce a parlare intensamente del presente. In un certo senso la coppia di registi francesi ripropone, attraverso le forme del cinema delle origini, un discorso davanguardia sulla contemporaneità, avvicinandosi in questo alla medesima operazione culturale intrapresa da Pavese con lopera letteraria da cui è tratto il film.
Come da tradizione dunque, Straub-Huillet ci regalano istantanee indimenticabili, tracce di visioni forti ed eterne, sublimate da una essenzialità scenica e da una sensibilità registica ormai rare nel cinema contemporaneo. I riferimenti cultuali e le costanti problematiche sollevate dalle originali opere della coppia francese ci ricordano, anche nel glamour confusionario della Mostra, quanto ancora il cinema abbia bisogno di interrogarsi sulle sue radici culturali e sui rapporti con le altre arti, per continuare a raccontare il mondo di oggi.
|
|
|
|
Quei loro incontri
|
|
|
|
Quei loro incontri
|
|
|
|