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"Cambiarsi" tutti per non cambiare nulla 

di Laura Bevione
  Mpalermu
Data di pubblicazione su web 31/03/2003  
La sala è avvolta nel buio assoluto, avvertiamo soltanto le voci, prima lontane poi sempre più vicine e sonore, di uomini e donne che, con tono assai concitato, si rivolgono sollecitazioni a sbrigarsi, non capiamo a fare cosa. Quando le luci si accendono - e il pubblico riacquista quella sicurezza che l'oscurità aveva disorientato - davanti ai nostri occhi appaiono tre donne e due uomini, impegnati ad acconciarsi debitamente per uscire.

Con frenesia, i cinque si infilano pantaloni troppo corti e giacchette striminzite, si girano il vestito indossato per il lato rovescio ovvero si mettono scarpe scomode o che magari hanno un colore che non va con quello della camicetta. È il rito della preparazione per andare fuori, forse al mare o a trovare qualche parente, e allora bisogna fare di tutto per essere "a posto", eleganti e in ordine, con la borsetta e la cravatta ben annodata. Ma i cinque personaggi - tutti membri della famiglia Carollo - non mettono in scena soltanto un rito, bensì povertà e frustrazioni, sogni mai realizzati e illusioni che aiutano a sopravvivere.

Silenzi infranti da urla che immediatamente tacciono perché la situazione non può e non deve essere modificata; la concitazione e l'iperattivismo che nascondono l'obbligo e dunque l'abitudine a non agire. Il desiderio di cambiare soffocato nella routine e surrogato nell'insulsa testardaggine con cui si difendono idee e convinzioni riguardo a questioni di nessun conto. La famiglia Carollo diventa la personificazione di Palermo: atteggiamenti e frustrazioni sono le medesime di una città che pare avere condannato sé stessa all'immobilismo, mascherando però questo stato di fatto con un frenetico dinamismo che illude circa l'esistenza di un senso e di un obiettivo concreti.



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La Compagnia Sud Costa Occidentale, guidata e diretta da Emma Dante, offre sul palcoscenico la materializzazione di una metafora: una famiglia che è immagine di una città e di sentimenti e consuetudini che risalgono a un passato indefinito e remoto. Il tono scelto però non è di retorica, e dunque superficiale, condanna, quanto piuttosto di ironica e malinconica, ma non compiaciuta, descrizione. La regista afferma che "a Palermo non si compiono azioni, si mettono in scena cerimonie": ecco, i cinque giovani attori - con la loro mobilissima recitazione che punta molto sulla fisicità - celebrano per noi una vera e propria cerimonia. Non la vuota ripetizione di gesti antichi oramai privi di senso, bensì la contemporanea rappresentazione della lenta e quasi invisibile agonia di una città, osservata con gli occhi lucidi dell'indignazione generata da un amore disinteressato.



 


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