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Blockbuster dalla Cina

di Marco Luceri
  Zhang Ziyi
Data di pubblicazione su web 04/09/2006  
Feng Xiaogang è il regista campione d’incassi nel suo paese, la Cina, ormai al centro anche di gigantesche produzioni cinematografiche: Da wan (2001), Shouji (2003) e Tianxia wuzei (2004) hanno battuto ogni record d’incassi al botteghino cinese, proiettando Xiaogang nell’empireo del nuovo cinema dell’Estremo Oriente.

Non è un caso infatti che per il nuovo film, Yeyan, egli abbia scelto come protagonista la bellissima attrice Zhang Ziyi, nuova icona della cultura visiva orientale che, facendo la spola tra Hollywood e Pechino, veste ormai i panni della grande diva, sostituendosi a Gong Li anche nell’immaginario dello spettatore occidentale.

Ye yan
Ye yan

Yeyan è un kolossal storico in costume, che segue un recentissimo filone inaugurato in Cina nell’ultimo anno, con film come Hero (2005) e La foresta dei pugnali volanti (2005): l’obbiettivo è quello di rileggere i grandi fatti storici della Cina imperiale attraverso un fantasioso mix di verità e finzione, ingigantito da un grande dispendio produttivo: oltre alla presenza dei nuovi divi, si fa grande uso di effetti speciali (soprattutto nelle scene dei combattimenti), di sontuose scenografie barocche, di migliaia di comparse, in modo da confezionare film spendibili per il grande pubblico sia del mercato orientale che di quello occidentale, anche attraverso una peculiare promozione di marketing pubblicitario.

L’ultimo film di Xiaogang, fuori concorso al Lido, si pone dunque su questa nuova traccia del cinema dell’Estremo Oriente, narrando la storia di una sorta di Amleto cinese al femminile, l’imperatrice Wan (della dinastia Tang), splendida e affascinante donna dalle multiformi capacità (riesce a combattere contro un centinaio di soldati grazie alla sua raffinatissima e micidiale maestria nell’arte della spada), al centro di un torbido triangolo amoroso che coinvolge il fratello e il figliastro, il tutto condito da sordidi intrighi di palazzo, scandali e assassinii.
Ye yan
Ye yan

La narrazione si muove su un doppio binario: da una parte la concatenazione serrata degli eventi, che si susseguono in maniera incalzante tenendo alta la tensione dello spettatore, dall’altra si definisce la costruzione delle complesse psicologie dei personaggi, il vero motore delle azioni. Naturalmente è l’imperatrice Wan il fulcro del film. I suoi impeti emotivi, la sua mente calcolatrice, che incutono in tutti gli altri personaggi un timore riverente, scandiscono tutti gli episodi della trama. Si avverte in questo una sorta di radicalizzazione delle scelte registiche: in fondo Wan esprime con la sua interiorità dei sentimenti universali tipici del genere, come la solitudine, l’onore, il coraggio, la forza, l’irreversibilità delle scelte. Questo carattere mitopoietico è funzionale al tentativo intrapreso da Xiaogang nel cercare di definire un’intera epoca, una sorta di antica "Età dell’oro" cinese (in questo Yeyan è molto simile a Hero).

"Credo che Yeyan abbia dato luce alla parte sconosciuta della Cina classica. Spero che questi dieci mesi di lavoro riescano a esprimere un’antichità forte e lussuriosa, ma comunque semplice e vera; un’antichità in cui la solitudine è nobile ed errare è umano" ha dichiarato infatti il regista cinese. Ma se questo tentativo è in gran parte riuscito, entro i limiti di un preciso codice "di genere", la stessa cosa non può dirsi per la volontà espressa da parte di Xiaogang di affrancarsi il più possibile dal recente modello (prima illustrato) che lui stesso ha contribuito a creare. Nonostante alcuni momenti di grande fascino visivo il film risente di una pesante convenzionalità e non bastano le efficaci battute della sceneggiatura scritta da Shenhg Heyu per nascondere dietro un’apparente psicologismo i limiti di un’operazione che finirà inevitabilmente per diventare il blockbuster cinese della nuova stagione.




Ye yan
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