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Il volto

di Riccardo Castellacci
  Time
Data di pubblicazione su web 02/09/2006  
Il nuovo film di Ki-Duk Kim esce a un anno di distanza dal precedente L’arco, un tempo breve per qualsiasi regista ma non per l’iperattivo e prolifico coreano, che dall’incredibile Crocodile del 1996 ha firmato 14 opere, disegnando una delle più interessanti carriere contemporanee. Questa insolita pausa aveva provocato una grande attesa per Time, resa maggiore poiché dopo due opere estremamente affascinanti come la Samaritana e Ferro 3, con le quali il regista coreano si era fatto conoscere ad un ampio pubblico anche in occidente, il film successivo, L'arco, non aveva convinto completamente.

Il film è un altro tassello nella visione personalissima del cinema di questo regista che porta sullo schermo idee drammaturgiche sempre spiazzanti e grandi momenti di lirismo. Anche se non realizza la tensione delle opere più riuscite, Time ripropone tutte le ossessioni che caratterizzano il suo cinema.

Seh-hee (Sung Hyun-ah) e Ji-woo (Ha Jung-woo) sono due giovani innamorati da tempo. Seh-hee è gelosa, tormentata dall’idea di non attrarre più il suo compagno. Entra in una clinica di chirurgia plastica non per essere più bella ma per trasformarsi in un’altra donna, della quale il suo Ji-woo si possa innamorare di nuovo. Scompare per cinque mesi e ricompare con una nuova identità a Ji-woo, ignaro di tutto. Nasce una relazione fra i due ma qualcosa si frappone anche stavolta: è il ricordo della Seh-hee del passato. Quando Ji-woo scopre la verità, sconvolto, decide a sua volta di operarsi e sparire: sarà lei a dover aspettare e cercare fra i volti degli sconosciuti qualcosa che le ricordi il suo amato.

Time
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Ancora una volta, come in altri film precedenti di Kim e soprattutto in Ferro 3, è la relazione uomo-donna al centro dello sviluppo drammatico, in cui l’amore si mescola alla crudeltà. I personaggi si trovano collocati dentro una gabbia e sottoposti ad un esperimento spietato. Innamorati l’uno dell’altro sono costretti a trovare un modo per sfuggire al banale e all’usura del tempo. La scelta di lei di modificare il proprio volto per apparire un’altra è una scelta d’amore nei termini di Kim Ki-Duk: una consacrazione all’altro e allo stesso tempo un’espiazione sadica e masochistica.

Kim Ki-Duk sembra aver fatto del motivo della separazione e del confine una vera e propria ossessione, che certo risente dell’esperienza politica delle due Coree. Ha saputo sondare in profondità con Ferro 3 il tema del "limite" e della "soglia" che da elemento esterno diviene privato e intimo. In alcune scene di Time Ji-woo appare pensoso e affranto lavorare al montaggio di Ferro3, del quale si scorgono alcune immagini (l’interno della cella in cui il giovane muove le mani come fossero i flap di un aereo, la pallina da golf che colpisce la rete). Il legame fra i due film è evidente.

In Ferro 3 la casa era il luogo in cui rimaneva, come un’impronta o un fantasma, l’immagine di chi vi abitava. Il momento di contatto fra i due amanti coincideva con la capacità di lui di essere "assente", di scomparire, e diventare puro sguardo. L’assenza è la forma dell’amore. In Time il limite fra interno ed esterno non è la soglia dell’abitazione, è il corpo stesso. Solo che l’operazione a cui si sottopone Seh-hee allontana i due innamorati che non si riconoscono più. Modificare l’immagine del proprio volto significa non diventare un’altro, ma pirandellianamente non essere più riconoscibile: è perdere completamente la propria identità. L’integrità del soggetto, già labile, si frantuma, e la cancellazione del volto produce una proliferazione delle maschere. Nel finale Seh-hee è alla ricerca disperata di Ji-woo che è divenuto un fantasma senza più un volto e lei abbraccia il cadavere di un uomo sfigurato schiacciato sotto una macchina.

Kim sembra percorrere in questo film temi cruciali per la contemporaneità: l’identità e il suo rapporto con il volto e l’assenza. Il volto prima che al cinema è già stato distrutto nella pittura, deformato dall’espressionismo, dissolto nei diversi punti di vista dal cubismo (e certo a questo si ispira fin dalla tecnica il collage realizzato da Seh-hee per ottenere un modello, con occhi e bocca ritagliati da una rivista). Il cinema è capace di cogliere gli elementi che fanno del volto una maschera, una persona nel significato latino, e che possono far perdere i tratti dell’individualità.

Time presenta continui riferimenti alla pittura e all’arte del novecento. In particolare molte sono le citazioni e i richiami al surrealismo, sia negli esterni dell’isola, con il parco di sculture, sia con l’atteggiamento dei personaggi spesso ripresi con il volto coperto da un lenzuolo, come ne Les amants di Magritte o nei protagonisti dei film di Godard. Una dinamica surrealista si ritrova anche nel modo in cui Kim sceglie di narrare gli eventi con una trama fitta di incongruenze e forzature. I personaggi non sembrano avere una vera e propria psicologia, il loro agire non segue le regole lineari di causa-effetto ma quelle tortuose e inspiegabili del sogno e dell’incubo. Kim riesce a creare il surreale attraverso la registrazione delle reazioni dei personaggi al di fuori di ogni preoccupazione morale o estetica.

In Time compaiono elementi visivi e tematici che contraddistinguono tutte le opere di Kim, dalla centralità di pochi personaggi fino alla presenza delle barchette di carta, metafora della fragilità; ma nel film si rivelano anche due fattori insoliti: i dialoghi e la comicità. I dialoghi riproducono una ricercata artificiosità teatrale e sembrano sottolineare l’assurdità di una dimensione piccolo-borghese. Sorprende anche il modo comico con cui sono guardati i personaggi, che in certi momenti smettono di essere tragici e divengono semplicemente ridicoli. La combinazione di più livelli, lirico, comico, drammatico, non sembra perfettamente riuscire e si assiste, diversamente da altre opere tese e asciutte, ad una certa discontinuità e ripetizione.

Il mistero del cinema di Ki Duk Kim tuttavia rimane inalterato anche in questa opera. Quello del regista coreano è uno degli esempi ancora resistenti di un cinema d’autore senza compromessi, povero di mezzi ma ricco di idee. I suoi film sono ancora fra i pochi disposti a ricordarci che fra noi e la realtà c’è sempre uno schermo, fra noi e la bellezza c’è sempre qualcosa che si frappone. Una rete, un volto, un’immagine.



 


Time
cast cast & credits
 





Sung Hyun-ah
Sung Hyun-ah

 

 




 

Sung Hyun-ah e Sung Hyun-ah
Sung Hyun-ah e Sung Hyun-ah



 
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