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Quelli che i mondiali

di Filippo Bologna
  Marco Tardelli ai mondiali del 1982
Data di pubblicazione su web 26/06/2006  
Siamo quelli che tre settimane fa chiedevano la pece e le piume per Moggi e i suoi fratelli, siamo quelli che minacciavano di disdire l’abbonamento Sky, di costituirsi parte civile, siamo i delusi del pallone, quelli che un conto è la responsabilità diretta e un conto la responsabilità oggettiva, quelli che se Milan Fiorentina e Lazio vanno in B allora la Juve deve andare minimo in C 2, quelli che se il calcio è questo allora Forza Ghana! Siamo i giuristi fai da te, i forcaioli, i garantisti, i giustizialisti, i tifosi traditi, i consumatori gabbati. Ma siamo gli stessi che tre settimane dopo fanno le due di notte per sapere che ne pensa Collovati dell’esclusione di Toni, quelli che si fanno ipnotizzare dalla fulgida pelata di Mazzocchi, che ascoltano compresi i salomonici giudizi di Cucci, che non ridono alle penose battute di Altafini, quelli che si sorbiscono stoici le soporifere cronache del mortale duo Civoli-Mazzola, che buttano l’occhio nel décolleté della D’Amico, quelli che rompono un vaso del tinello al goal di Materazzi, quelli che – se si fossero qualificate – si guarderebbero anche Islanda-Andorra, quelli che approfittano della promozione mondiali dell’ultima ora per cambiare il televisore, quelli che come fai a portare Totti in queste condizioni, quelli che se De Rossi non si dà una calmata… quelli che deve far giocare Inzaghi, siamo i commissari tecnici da Bar Sport, gli opinionisti delle piazze, i commentatori dei salotti, siamo quelli con la formazione in tasca, quelli che parliamo massimo due tre per volta, quelli che non hanno ancora i novanta minuti nelle gambe, e mai ce li avranno.

Calciopoli sembra lontana anni luce da Germania 2006, tanto lontana che alla fine su quei tappeti da biliardo che i tedeschi chiamano campi da calcio le nostre solite meschinità da Italietta se ne restano in panchina. Quando Ronaldinho smarca di tacco Ronaldo, quando Messi parte sulla fascia come fosse il fratellino di Maradona, quando Inzaghi scatta sul filo del fuorigioco, per un attimo infinito tutto il resto è niente, rumore di fondo, un’interferenza sul nitido segnale del satellite. Per fortuna, in questi parchi naturali del Nord Europa, sopravvive ancora il Calcio Giocato, una specie di sport che da noi è a rischio d’estinzione come l’orso marsicano. Che si giochi dunque, e quando i giochi saranno finiti, niente colpi di spugna: a ognuno il suo fardello.





 
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