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Variazioni sul tema

di Riccardo Castellacci
  Lola Dueñas, Yohana Cobo, Penélope Cruz
Data di pubblicazione su web 24/05/2006  
In Volver, come già nel precedente la mala educacion, l’autobiografia diviene lo sfondo su cui si distendono i colori e le asperità tipici del cinema di Pedro Almodóvar. In questo film il regista spagnolo più famoso trova una sobrietà e un controllo maggiore rispetto ad altre prove del passato e si dimostra un abile narratore.

Raimunda (Penelope Cruz), assieme a sua figlia e sua sorella Soledad (Lola Duenas), raggiunge il paese natale dove è sepolta la madre, morta in un incendio, e dove vive, malata e anziana, la zia accudita da Agustina, cugina delle due donne (Blanca Portillo). Tornate a Madrid, Raimunda deve affrontare il grande dramma che le si pone davanti: la figlia ha ucciso il patrigno che aveva cercato di violentarla. La zia malata muore e mentre Soledad raggiunge il paese per assistere al funerale, Raimunda occulta il cadavere del compagno e trova il modo di aprire con l'aiuto delle donne del quartiere un piccolo ristorante. Soledad dopo un breve incontro con il fantasma della madre (Carmen Maura) porterà nella macchina una sorpresa, che preparerà a una serie di incontri e rivelazioni.

Penélope Cruz
Penélope Cruz

Una carrellata da destra a sinistra fra le tombe di un cimitero di paese, accompagnata da un coro di voci femminili, ci conduce in un mondo di sole donne. Sono mogli e figlie affaccendate a ripulire le tombe dei propri cari dalla polvere che il vento mulinante de La Mancha, il «solano», ricopre senza sosta. Le donne con la loro solerzia e sorda costanza combattono quel vento che alimenta gli incendi, le passioni degli amanti e che accende le follie e fa vedere cose e persone inesistenti, come già era accaduto a El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha.

Fin dalla prima inquadratura troviamo esposti i temi del film cari ad Almodóvar: le donne, la morte, il ricordo, il vento della follia e dell’amore. Ma in Volver acquistano una lievità maggiore rispetto ai film precedenti, in particolare a La mala educación, che aveva certo caratteri di originalità e interesse. E anche se qui come nel film precedente è l'autobiografia - la storia della madre e del proprio paese - a costituire lo scheletro del dramma, una sobrietà e uno stile più asciutto rendono più efficaci i risultati.

La scrittura drammaturgica realizzata attraverso un contrappunto di variazioni sui generi, riesce a rendere leggibile e semplice una storia complessa di omicidi, apparizioni, riconoscimenti. Con l’uccisione del padre ubriacone e pedofilo e l’occultamento del cadavere non rimane che sprofondare nella poltrona e nel film, aspettando che il melò di Almodóvar segua il suo corso. Gli eventi precedono secondo una necessità precisa, in modo lineare, riposante e sicuro verso la fine. Fin dall'inizio è come se il finale fosse già saputo e non resta che appassionarsi non a cosa si racconta, ma a come.

Sotto i fili del marionettista Almodóvar la tragedia si trasforma in commedia, il reale e l'immaginario si confondono e mescolano. L’entrata in scena del fantastico, in un sottile gioco di equilibrio fra reale e magico, serio e lieto, contamina i due mondi e li rende complementari.

Il ritorno al passato, alle radici, al paese, alla madre, si configura come la riappropriazione della propria storia personale (quella di Almodóvar, di Raimonda, ma anche dello spettatore) che passa attraverso la tradizione e il fantastico. È un mondo femminile di solidarietà e maternità in cui il ritorno è legato al perdono e a un nuovo modo di guardare.

Il paese, il luogo del mistero, del sogno e del ricordo, si contrappone alla città, luogo della concretezza, attraverso le figure di Irene e Raimonda. I due ambienti si toccheranno nella conciliazione finale, con Irene che torna in città per affermare la propria realtà, e Raimunda che torna alla campagna per riappropriarsi del passato.

Carmen Maura
Carmen Maura

Almodóvar lavora sullo stile e sui generi: in alcuni casi accentua l'effetto drammatico (lo sguardo in macchina della bambina quando racconta il parricidio; l’utilizzo di campi e controcampi frontali nell'incontro fra madre e figlia nel parco con l'inquadratura che si allarga e lascia le due donne sole in un panchina), in altri crea momenti di suspense dal sapore hitchcockiano (le apparizioni della madre attraverso soggettive non raccordate). Riesce a non cedere troppo all'autocompiacimento e mostra di saper controllare la materia, cercando di togliere e di asciugare. Non ci sono flashback o sogni a modificare il tempo del racconto. Gli eventi drammatici del film restano tutti fuori campo e sono riportati allo spettatore attraverso i racconti dei protagonisti: gli uomini e le loro azioni, in particolare, rappresentano qualcosa di "ob-sceno" che non può essere mostrato.

La citazione di Bellissima di Visconti offre una chiave di lettura e analisi del film. Il concetto di travestimento/travestitismo caro al regista e ai suoi cultori, sembra qui trovare una chiarificazione nella riflessione sull’immagine della diva e sui meccanismi della sua affermazione. Se il travestitismo viene meno resta il problema centrale del travestimento, come fattore che concerne l’identità.

La Magnani che si spazzola allo specchio è la diva consapevole che riflette sulla sua immagine e sul cinema. Almodóvar sa che una certa figurazione della diva non è più proponibile, tuttavia il suo volto può (ri)nascere attraverso un’analisi e discussione del suo ruolo. Il procedimento è quello del paradosso, l'emersione del volto attraverso la sua mise en abîme.

Almodóvar fa convergere su Penelope Cruz i tratti di celebri attrici italiane degli anni ’50 e ’60, i fianchi della Loren, gli scatti della Magnani e gli occhi scuri e gonfi che ricordano, a tratti, quelli della Cardinale. E mentre da una parte insiste sulle anche e sul seno dell’attrice, dall’altra mostra il volto malinconico della diva, come nel momento in cui recita sul tango di Carlos Gardel interpretato da Estrella Morente. Il volto melanconico riprende e si somma a quello della follia, della vittima, già interpretato dalla Cruz nel film di Castellitto Non ti muovere. E il regista crea, con un gioco di citazioni e di specchi, una nuova Maddalena (la parte interpretata dalla Magnani in Bellissima).

Almodóvar ha dalla sua una ritrovata Carmen Maura, attrice cara dei primi film degli anni ottanta (da Pepi, Luci, Bom e la altre ragazze del mucchio, 1980) a Donne sull'orlo di una crisi di nervi (1988): su di lei si poggia l'ironia e lo spirito ludico capace di dare una nota lieve al film.

Il linguaggio di Volver, che si compone di alcune caratteristiche tipiche del cinema contemporaneo, la citazione, il pastiche dei generi ma soprattutto del melodramma, appare quasi una gabbia di segni linguistici che impedisce alcune soluzioni (come se non si potessero più fare alcuni discorsi perché mancano le parole). È attraverso questa consapevolezza che Almodovar accende le proprie tensioni visive e drammatiche, come il “solano” che soffia su La Mancha.


Volver
cast cast & credits
 




 

Pedro Almodóvar
Pedro Almodóvar
 


 





 

Blanca Portillo
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