Anche libero va bene è il primo film da regista realizzato da uno dei più importanti attori italiani di oggi, Kim Rossi Stuart. Il film è stato selezionato per la Quinzane des realizateurs (in cui ha vinto il Cicae, premio assegnato dagli esercenti francesi), importante sezione del festival più prestigioso del mondo, quello di Cannes, su cui domani calerà il sipario delledizione 2006. Lo scriviamo con una punta dorgoglio (una volta tanto) perché il film di Kim Rossi Stuart è un piccola, coraggiosa e fresca opera che si riconcilia con la migliore tradizione del cinema italiano, oltre che essere un notevole e riuscito sforzo creativo da parte di un attore che alla prima prova dimostra già di conoscere in maniera robusta i "ferri del mestiere".
In realtà Kim Rossi Stuart si è saputo costruire negli ultimi anni una solida reputazione dinterprete sottile e raffinato. Se a metà degli anni Novanta un Maestro come Antonioni lo aveva scritturato per interpretare Silvano, in una delle fragili parabole esistenzialiste contenute in Al di là delle nuvole (1995), lo si doveva ancora al fatto che il suo aspetto e la sua bellezza ne facessero un tipo, adatto cioè a ricoprire sempre un determinato tipo di personaggio, sostanzialmente immutabile nel passaggio da un film allaltro (ve le ricordate le serie de Il ragazzo dal kimono doro e di Fantaghirò negli anni Ottanta e primi Novanta?). Non è un caso infatti che proprio nel film di Antonioni, in coppia con unaltra bellissima attrice, Inès Sastre (una nuova, diversa, sfuggente Lucia Bosè), egli esprima con la sua fisicità un ideale di bellezza perfetta, irraggiungibile, adattissima a quella cronaca di un amore mai esistito messa in scena, in quellepisodio ferrarese, dal Maestro.
Parrebbe strano, ma la metamorfosi comincia e si compie con tre film usciti negli ultimi 4 anni. Nel Pinocchio (2002) di Benigni, pur nei toni favolistici del film, edulcorati pesantemente dalla convenzionalità delle scelte operate dal regista-attore toscano, Kim Rossi Stuart riveste per la prima volta i panni di un personaggio "brutto, sporco e cattivo": il pestifero Lucignolo. Quel ruolo probabilmente segna una (seppur parziale) svolta, che si completa nella maturità interpretativa dimostrata ne Le chiavi di casa (2004) di Amelio, in cui lattore da vita alla fragile figura di un padre venuto dal passato per rincontrare il figlio handicappato. E probabilmente il ruolo a cui Kim Rossi Stuart resta oggi più legato, tanto da volerlo sviluppare ulteriormente e verso altri aspetti proprio in Anche libero va bene, non senza prima però essere passato, sotto la direzione di un altro regista-attore, Michele Placido, in Romanzo criminale, accanto a Claudio Santamaria, Riccardo Scamarcio, Stefano Accorsi e alcuni tra i più promettenti attori italiani. Nel film che racconta i fatti della banda della Magliana lui interpreta un altro ruolo di "cattivo", il freddo, uno dei capi più lucidi e spietati della banda.
Nel suo primo film da regista, Kim Rossi Stuart si porta dietro questa sua personalissima valigia nella costruzione sia del suo nuovo personaggio, Renato, sia degli altri; tutti compongono un duro, spietato e lucido ritratto della famiglia italiana di oggi; ma la sua è soprattutto una famiglia fatta da attori, per attori. Anche libero va bene è infatti uno di quei film in cui lequilibrio tra regia e interpretazione, avendo la stessa matrice, diventa perfetto, e costituisce la chiave di volta della costruzione del film stesso.
Tutto ruota infatti intorno a Renato e al figlio Tommi (il giovanissimo Alessandro Morace), padre e figlio, adulto e ragazzino, disincanto e coraggio, due personaggi non opposti, ma speculari, i cui caratteri si fondono spesso luno nellaltro, ad arginare con forza, spesso attraverso dolorosissimi passaggi, le forze disgreganti che premono allinterno e allesterno della famiglia; di essa fanno parte anche Viola (Marta Nobili) e Stefania (Barbara Bobulova), madre instabile e sbandata, che spesso lascia la casa per fuggire con altri uomini, più ricchi del marito. Questo gruppo di famiglia in un interno vive una delle ingiustizie sociali più difficili da affrontare in tante famiglie italiane di oggi (non a caso il film è ambientato in una Roma anonima e quasi "infernale"): la precarietà del lavoro che impedisce la costruzione di un presente (il futuro sembra lontanissimo) sicuro e stabile. Lessere costretti allindigenza e al caos esistenziale perché si è bloccati in uneterna incertezza porta la famiglia alla disgregazione, alla ricerca di una felicità non dentro le mura domestiche, ma fuori, dove, inevitabilmente, si è più soli.
Sono molti gli elementi che rafforzano questa dicotomia tra gli interi e gli esterni: linnocenza (spesso tradita) di Tommi si trasforma in una fuga sopra i tetti del palazzo dove il ragazzino può osservare la vastità e il mistero del mondo dallalto; la felicità di una famiglia ricomposta (ma solo per pochi giorni) in un breve soggiorno improvvisato in un motel lungo la costa; la scuola, dove Tommi sperimenta le difficoltà dei primi amori e il valore dellamicizia (e in questo sembra ricordare proprio lAntoine Doinel de I quattrocento colpi di Truffaut); la ricerca di una "normalità" negata nella vita dei vicini benestanti (la settimana bianca contrapposta allo sfratto imminente) etc. Tutti questi elementi fanno da contrappunto alla tesa atmosfera che si respira tra le quattro mura dellappartamento. Kim Rossi Stuart calca sempre di più gli aspetti del realismo, riuscendo a creare anche dei veri e propri momenti di suspence, in unatmosfera di interni claustrofobica e disperata.
E chiaro allora che il film regge da una parte su una drammaturgia forte, psicologicamente coinvolgente nei suoi meccanismi narrativi, e dallaltra sulla prova degli attori protagonisti, soprattutto, appunto, quella del regista stesso. Pur essendo il personaggio di Renato, da un punto di vista interpretativo, quello più complesso e difficile della sua carriera, Kim Rossi Stuart è bravissimo nel rendere in maniera completa e affascinante tutte le sfumature di un personaggio che sente su di se le insicurezze della sua famiglia (e quindi indirettamente del mondo circostante), nelle innumerevoli reazioni emotive che lo caratterizzano. Il suo registro offre una complessa gamma di situazioni: dalla rabbia alla dolcezza, dagli scatti dira allaffetto paterno, dalla delusione al riscatto. Non cè momento in cui Kim Rossi Stuart non sappia rendere al meglio questa varietà, restituendocela vitale con uno sguardo, un movimento del capo, un sentimento del corpo.
Anche libero va bene è dunque un film importante perché in se contiene molti aspetti artisticamente rilevanti: dallottima prova di attore e regista di un attore-regista che sta crescendo anno dopo anno, al valore sociale che il film porta con sé, al realismo esistenziale e politico, che del nostro cinema resta sempre una grande forza. C'è da augurarsi che gli apprezzamenti internazionali tributati al film possano spingere lintero cinema italiano su questa strada. Che è poi quella delle scommesse difficili ma vincenti.
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