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Uno spirito da fiaba

di Sara Mamone
  Sergio Castellitto
Data di pubblicazione su web 26/04/2006  
Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio viene dopo quel capolavoro assoluto de L’ora di religione (che cresce giorno dopo giorno nella memoria e si pone forse al vertice dell’attività del regista) e dopo l’intenso e severo Buongiorno notte non forse perfetto ma certo tra i film più controllati e interessanti della nuova stagione riflessiva del regista. Chiedergli la tripletta era forse eccessivo ed era forse anche eccessivo chiedergli di trattenersi ancora una volta compiutamente dietro la macchina da presa in modo che le sue idee (ma anche i suoi tic e le sue fissazioni, chi non ne ha diritto a sessant’anni?) non apparissero troppo insistenti e didascalici sullo schermo. E infatti un pochino ci casca, in quest’ultima comunque incantevole prova, in cui appunto il bellocchio-pensiero riemerge con pesantezza nell’iterazione delle affermazioni (ĞIn Italia comandano i mortiğ e questo gli fa evidentemente rabbia, anche se la fresca candidatura del senatore Andreotti alla seconda carica dello stato non pare fatta per smentirlo) e in un intreccio di trame forse non perfettamente controllato.

Sergio Castellitto
Sergio Castellitto

I piani narrativi (non aiutati da un dialogo in cui il levare sarebbe stato un buon servizio) sono molti, e curiosamente simili a quelli del diametrale Caimano sì che si potrebbe dire che sono entrambi metafilm, il che non è vero né per l’uno né per l’altro, che sono entrambi film “morali” (lasciamo la politica che non ha mai fatto né mai impedito capolavori).

Vediamo di dare ordine alle trame (per quel che importa, cioè poco): il regista Elica (Bellocchio riprende qui l’uso medievale dei Nomi Parlanti con risultati a nostro avviso né efficaci né suggestivi, ricordiamo il Picciafuoco dell’Ora di religione e qui il notturno apparire del regista Smamma, finto suicida per ottenere finalmente nella commozione generale quel “David di Michelangelo” che nessuno gli ha mai proposto da vivo) cerca volti (e forse corpi) nuovi, per dar vita all’ennesimo remake dei “Promessi sposi”, non che gliene importi, ma questo gli hanno offerto; è ovviamente in crisi e un giorno parte per il sud, si ferma per caso dalle parti di Bagheria e il film che in qualche modo continua a sopravvivere nella sua testa (bellissimo nella sua semplicità il provino della giovane candidata nell’immedesimazione in Lucia) scolora sempre più nella realtà (anch’essa però ben lungi dall’essere realistica) della sua vicenda umana. Che certo semplice non è e si scontra e si nutre ancora di cinema quando un patetico mediocre regista locale di filmini matrimoniali, lo coinvolge nella realizzazione di un “evento”: il matrimonio della misteriosa e appassionata figlia del nobile signore di Palagonia (padre con qualche tratto del nobile sacrificatore della monaca di Monza, di cui peraltro la figlia possiede qualche barlume). Destinata anch’essa ad accrescere la lista delle malmaritate, l’intrepida (che già si era presentata, non identificata ma carica di mistero, al provino manzoniano) si abbandona alla passione autentica e emozionante con lo sconosciuto “straniero”, fuggendo con lui. Banalità, ovvietà, poesia, ironia, dura critica all’establishment?

Donatella Finocchiaro
Donatella Finocchiaro


Per fortuna Bellochio non scrive saggi e neppure romanzi. Fa cinema, crea atmosfere, racconta l’inconoscibile e l’irraccontabile. L’intreccio di trame banali passa attraverso un magistero formale di cui oggi nessuno in Italia gli può contendere il primato. E come in un racconto di fiaba (quanta letteratura orientale passa insieme a quella scolasticamente manzoniana nelle atmosfere della villa dei mostri e nella silenziosa femminilità della fanciulla-sposa?) non importa che la razionalità prenda il sopravvento. Letteratura, sogno, cinema si intrecciano nel continuo del montaggio dei flashback, nelle allitterazioni e negli scarti del racconto mentre gli attori si sciolgono nel materiale incantato: Sergio Castellitto è sempre più bravo e per fortuna non fa di Elica il sequel di Picciafuoco, Donatella Finocchiaro risponde a meraviglia al mistero che le si chiede mentre Sami Frey non è solo una presenza imposta per ragioni di coproduzione.

Così suggestivo nell’incanto filmico, così appesantito nell’insistenza verbale, se fosse muto sarebbe un capolavoro.



 


Il regista di matrimoni
cast cast & credits
 
 

 


 

Donatella Finocchiaro
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Sami Frey
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