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Catodo ergo sum

Filippo Bologna
  Distraction (Italia 1)
Data di pubblicazione su web 31/03/2006  
Si è fatto tardi, domani mi aspetta un’altra lunga giornata di lavoro (a progetto). Spengo il televisore. Poco fa, sullo stesso schermo su cui ora resta un flebile riflesso bluastro, come un’immagine impigliata nella retina dopo aver chiuso gli occhi, degli uomini si erano pigiati nudi dentro una cabina, un disadattato prendeva a mazzate la sua macchina nuova di pacca, una bonazzona maggiorata cercava di spingere un pulsante con la lingua passando attraverso le pale rotanti di un ventilatore, e altre idiozie che ho già rimosso. No, non era la versione Sacher-Masoch di Giochi Senza Frontiere (o forse sì) ma Distraction, il nuovo programma di Teo Mammuccari. No, non sono indignato. L’indignazione è un sentimento talmente fuori moda in questo Paese, che spesso l’indignato viene scambiato per il moralista, che è quello che si indigna per tutto senza indignarsi per niente. E poi ci sono troppe cose su cui dovremmo indignarci prima del solito sfogo sociologico sulla televisione. Niente indignazione dunque.

Tristezza, sì. Provo una grande tristezza nel vedere una signora di mezza età presente tra il pubblico che per apparire in video mostra divertita uno spezzone in cui si è fatta prendere a calci nel culo, l’ho fatto per te Teo! Dice orgogliosa al conduttore. L’ho già detto, questo non è il solito sfogo sulla volgarità della televisione, né la compiaciuta nostalgia per il candore perduto di un tempo, quando gli italiani davanti a questi curiosi oggetti non ancora identificati che erano le telecamere, impauriti e incuriositi come scimmie allo specchio, salutavano goffamente la mamma (Ciao mama!). Qua siamo nell’era post Grande Fratello, nell’epoca che vive sotto la categoria onnicomprensiva del postmoderno, nella società catodica in cui è la televisione a dispensare il sacramento del battesimo. Il battesimo mediatico è rinascita ontologica, è un venire al mondo una seconda volta, anzi, forse per la prima volta. Se la vita precedente non ci ha dato le occasioni, le possibilità, le distrazioni che la scatoletta luminosa ci aveva illuso fossero democraticamente alla portata di ogni uomo medio su questa terra, se gli individui non sono all’altezza dei modelli, se il mondo fuori dalla tv è tanto diverso da quello dentro, allora forse la salvezza è entrare. Entrare in quell’universo sovresposto in cui in mancanza d’altro anche la mediocrità è eletta a virtù.

Nessuno di quei concorrenti mendicava un attimo di celebrità ieri sera. No, loro cercavano in quel programma la prova della loro esistenza, la certificazione del loro essere in vita. E per farlo erano disposti a cancellare se stessi, a disumanizzarsi, a rinunciare a quella zavorra di dignità rimasta per offrirsi finalmente nudi in sacrificio al Dio Conduttore.

Ormai è la televisione a ratificare ufficialmente la nascita di un soggetto, a decretarne lo statuto di essere vivente, a garantirne l’appartenenza a questo mondo. Dal cogito ergo sum di Cartesio, al catodo ergo sum di Mammuccari. Vado in onda, quindi, esisto. Domani, forse, dopo la nascita, se non l’ha già fatto, ne celebrerà la morte. Se ve la perdete, poco male, tanto la ridanno su blob...

 
 
 
 
 
 
 
Cartesio
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Teo Mammuccari
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