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Caratteri emblematici

di Riccardo Castellacci
  Thandie Newton and Matt Dillon
Data di pubblicazione su web 23/03/2006  
La vittoria dell'Oscar come miglior film riporta nelle sale italiane Crash di Paul Haggis. La scelta non sorprende e ancora una volta sembra confermare la predilezione dell'Academy per il film di genere civile e impegnato, rispetto ad un’opera contraddittoria come I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee. Se nel film dei due cowboy innamorati la frontiera del genere western è superata da una frattura interna alle regole della composizione del dramma e dei personaggi, in Crash lo scontro iniziale, certo forte e dirompente, sembra infine ricomporsi in un messaggio di conciliazione dei contrasti.

Jennifer Esposito e Don Cheadle
Don Cheadle
 
Il film si apre con le parole del detective Waters tramortito dallo shock di un incidente automobilistico, mentre l’immagine inizialmente nera si colora con le luci indistinte dei lampeggianti e dei fari delle auto della polizia: «In una città vera si cammina. Sfiori gli altri passanti. Sbatti contro la gente. Qui a Los Angeles non c’è contatto fisico con nessuno. Stiamo tutti dietro vetro e metallo. Il contatto ci manca talmente... che ci schiantiamo contro gli altri solo per sentirne la presenza».

La frase che dovrebbe racchiudere il senso del film riporta alla mente Crash di David Cronenberg, ma i due film hanno pochi elementi in comune. Lo scontro fra auto diventava in Cronenberg un mezzo per sondare il rapporto uomo macchina, per esplorare le ferite della carne e dell’anima attraverso un complesso e ricercato equilibrio di stile. Haggis propone un discorso sulla paura dell'incontro fra persone che si sospettano a vicenda, in un clima di tensione e diffidenza reciproca. La città è sempre il luogo in cui accade tutto, dove il contatto può avvenire solo attraverso un urto, ma stavolta l’impatto ha al centro la dinamica interrazziale.

Crash descrive l’America come un incontro fra culture diverse che l'undici settembre ha reso più difficile: un melting pot o, più propriamente, un crogiuolo, non riuscito. Tecnicamente il crogiuolo è quel recipiente in cui avviene, nell'altoforno, a temperature altissime, la fusione di leghe e metalli. Il film sembra suggerire che nell'altoforno di Los Angeles le temperature raggiunte non corrispondono a quelle del punto di fusione delle diverse razze: il composto resta refrattario a divenire un unico impasto liquefatto e le scorie prodotte rimangono elementi irrecuperabili di questa unione mancata.

Il tema permetterebbe di elevare Los Angeles e l’America a grande teatro del dramma umano, sul quale rappresentare l’idea di scontro fra culture (che si tratti di Los Angeles, Parigi o Milano diventa indifferente), raccontando una spirale d'incomprensione e d’odio che non può essere fermata. Tuttavia tale interessante premessa è disattesa dagli esiti, in particolar modo stilistici, del film.

Terence Dashon Howard  e Ludacris
Terence Dashon Howard e Ludacris
 
Crash racconta storie di personaggi perduti in una città ostile e cruenta, ma in grado di offrire momenti poetici, Los Angeles. Il detective Graham Waters (Don Cheadle) giunge sul luogo dove è ritrovato il cadavere di un ragazzo di colore, morto ammazzato. Trentasei ore prima due neri, che discutevano sulla discriminazione razziale in un quartiere di lusso frequentato solo da ricchi bianchi, rubano la macchina a una coppia: lui (Brendan Fraser) è un procuratore distrettuale interessato a promuovere la causa nera per ottenere favori personali, lei (Sandra Bullock), sua moglie, una donna che mostra un'evidente xenofobia verso gli stranieri che le circondano la vita. Altri personaggi e altre storie si incrociano: un poliziotto dai modi rozzi e violenti (Matt Dillon), per sfogarsi dei propri problemi familiari, ferma una coppia di colore su una grossa auto, importuna la donna e umilia l'uomo (un ricco regista intento a non perdere i privilegi acquisiti); un persiano, cui distruggono il negozio, tenta di uccidere il tecnico ispanico responsabile di non avere cambiato la serratura; un altro poliziotto (Ryan Phillippe), pronto a combattere in difesa delle intolleranze razziali, uccide per un malinteso il ragazzo di colore rinvenuto all’inizio del film, che Water scopre essere il fratello criminale.

Crash non riesce a dare credibilità e a sostenere i grandi temi che la scrittura di Haggis, già autore della sceneggiatura di un capolavoro come Million Dollar Baby, ha messo in moto. I nodi non sono risolti sia dal punto di vista della morale umanistica del film, sia e soprattutto per come Haggis racconta la sua storia, che dovrebbe rappresentare l’emblema di una condizione universale del mondo contemporaneo: lo scontro. E il film che ha un ottimo presupposto, indagare le conflagrazioni di questo miscuglio disomogeneo, espone una serie di soluzioni visive e narrative canoniche e convenzionali che fanno del film un prodotto maneggiabile e innocuo.

Nella seconda parte lo sceneggiatore tende a ricostituire i punti della lacerazione e il film si stempera nella ricomposizione dei conflitti. In un'America post undici settembre che sconta la sua paura, i nervi scoperti, lo smarrimento dei personaggi si ristabilisce nella speranza e nella consolazione: il rapinatore di colore libera i clandestini trovati per caso nel furgone rubato, la moglie xenofoba del procuratore abbraccia la governante messicana di servizio in precedenza odiata e vilipesa, il poliziotto razzista salva la donna solo poche ore prima seviziata, il commerciante arabo spara, ma a salve, sulla bambina del tecnico delle serrature. Haggis non rinuncia a ricorrere all’intervento del “miracoloso” (è dunque molto lontano dal pessimismo di Cronenberg, in cui rimaneva intatto il senso di una frattura insanabile della società): è il caso emblematico della scena in cui cade la neve su Los Angeles. Solo chi si proponeva come personaggio positivo, contrario alla discriminazione razziale, il giovane poliziotto buono e candido, diviene il vero criminale.

Haggis è attento che i personaggi non risultino degli stereotipi, ognuno ha qualcosa di nascosto che giustifica i comportamenti. Il cast è certo di ottimo livello, come la recitazione degli attori, in particolare Dillon, ma i meccanismi dei protagonisti non sono esplorati in profondità e le metamorfosi finali rimangono incomprensibili, irreali.

Come in America oggi di Robert Altman (o Magnolia di Paul Thomas Anderson) abbiamo tante storie che si uniscono; ma dove nel film di Altman trovavamo un affresco distaccato, impietoso, cristallino, lo sceneggiatore Haggis non recupera simile touch: invece di mostrare (come riesce ad Altman) tende a spiegare i comportamenti cercando di giustificare ogni azione.

Sul piano dello stile Crash presenta scelte di impianto tradizionale. La regia che vorrebbe sposare un’impostazione sobria finisce per indugiare su se stessa e cadere in scelte opposte: ne sono esempi il flash back iniziale, l'uso insistito del ralenti e del fuori fuoco, la mancanza di esplorazione dello spazio (diverso da questo punto di vista l'esito di un film come Collateral di Michael Mann, ripreso in videocamera e anch'esso svolto a L. A.). Il film è stato girato in 35 giorni utilizzando più volte gli stessi set da punti di vista diversi: queste condizioni di difficoltà produttive incontrate da Haggis avrebbero potuto rappresentare un’occasione per la ricerca di forme cinematografiche originali: così non accade e Crash sembra sfruttare meccanismi rodati in altri media (l'esperienza televisiva di Haggis si fa in alcuni casi sentire).

Crash risolve dunque le sue pur interessanti premesse nel film di genere, anche se impegnato e civile, senza proporre niente di nuovo. In questo senso non riesce a innalzare Los Angeles e gli Stati Uniti a quel ruolo universale che era nelle intenzioni dell'autore e a farne quel «gigantesco teatro dove, con maggior franchezza che altrove, veniva recitato il dramma di tutti», secondo la definizione che Pavese dava dell’America durante gli anni Trenta, «quando il fascismo cominciava ad essere la speranza del mondo».



 




Crash - Contatto Fisico
cast cast & credits
 

 


 

Sandra Bullock
Sandra Bullock


 



 

 

 



Ryan Phillippe
Ryan Phillippe

 

 


 

 
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